di Chiara Boscaro
Piove. C’è il sole. Si rannuvola. Sale il vento. Sale la
nebbia. Pioviggina. Grandina. Piove col vento. Fa freddo. Almeno quindici gradi
meno che a Milano. Ma ci siamo attrezzati, abbiamo tirato fuori sciarpa,
cappotto e ombrello, ed eccoci qui. A Londra.
Marco a Draper Hall. |
Abbiamo deciso di arrivarci in treno. Sono undici ore, con
pausa per un croissant a Parigi. Volevamo vedere Calais, volevamo vedere il
filo spinato, e il filo spinato c’è, chilometri di filo spinato. Ci controllano
i documenti parecchie volte, pare di essere tornati ai tempi delle frontiere. E
poi il tunnel finisce e ci troviamo a Londra. St. Pancras Station. Bellissima,
gotica, accanto a un’altra stazione,
King’s Cross, accanto a un Mc Donald’s, a uno Starbucks (facciamo tre),
a un ristorante turco e a un ristorante cinese… come tutto, a Londra. Orientarsi
sarà più difficile del previsto.
Fa freddo, e sappiamo già che non avremo il tempo per fare
tutto quello che vorremmo fare in questa città spropositata. Dobbiamo
incontrare delle persone, la scusa è il lavoro. Dobbiamo visitare Draper Hall, un posto bello che sta diventando un polo culturale ed artistico per un
quartiere cosmopolita e sfaccettato, e ci troviamo coinvolti nel primo barbecue
della stagione, insieme ai bambini dell’Accademia di Cinema di cui si
festeggiano gli elaborati finali. C’è anche il sindaco, ma non è proprio il
sindaco, ed è vestita come le maschere del Teatro alla Scala. Ah, per la prima
volta, c’è sole per un intero pomeriggio. Draper Hall e la Infallible London saranno nostri partner nella produzione di DEUTERONOMIO pentateuco #5, cosa che ci rende molto molto orgogliosi.
A Londra costa tutto troppo. Stanno gentrificando la città,
dicono i Londoners, e in più per noi il cambio è nettamente sfavorevole.
Costano i mezzi pubblici, ma arrivano dovunque a qualsiasi ora, e ci sono i bus
rossi a due piani che sogniamo da quando eravamo bambini. Costa entrare nelle
chiese, e la cosa ci infastidisce un po’, ma non costa nulla visitare i musei e ne approfittiamo: Tate Gallery, British Museum, Sir John Soane’s Museum, Hunterian Museum (per gli stomaci più solidi)…
Il bisnonno. |
Una tappa di obbligato e religioso silenzio merita Highgate Cemetery e la tomba del bisnonno Karl Marx. Nota archivistica. Intorno al suo
testone, è tutto un quartierino di oppositori politici, compagni, matrone
socialiste e attivisti per i diritti civili. Ci chiediamo il perché, ma in
fondo è un criterio come un altro. Come l’ordine alfabetico, o il tipo di
lapide. Angeli in ginocchio da una parte, angeli in piedi dall’altra. Highgate
è un racconto malinconico, con la sua casualità vittoriana e i suoi fiori
testardamente spontanei. La zona est è ancora più selvaggia, ma è accessibile
solo con una guida. C’è il rischio di perdersi.
Commettendo un madornale errore, proviamo a immergerci nella folla domenicale di Camden.
Ma è un madornale errore, appunto. Si può mangiare cibo di strada di qualsiasi
Paese, è vero, ma lo si può fare anche nel resto della città. Ristoranti
indiani, kebabbari, pizzerie, greci, messicani, brasiliani, carni argentine,
vegani, vegetariani, ortoressici, pasticcerie, caffetterie, diner, pare che qui
si mangi e basta.
Chicche gustose ed economiche che ci hanno consigliato i
Londoners:
Chiara e Stefania davanti a Wong Kei. |
SUTTON and SONS (ce ne sono tre, noi abbiamo provato quello
di Stoke Newington). Tre parole: FISH-AND-CHIPS.
A pochi passi, anche il CORNER + del Mostart Center, che ci
ha regalato una colazione domenicale di uova e di coccole.
Ovviamente, siamo andati a teatro. A Londra ce ne sono a
centinaia, da quelli enormi che fanno musical trentennali ai pub theatre. Al
National Theatre, forse il più enorme, abbiamo visto “Les Blancs-The Whites”,
mentre ci siamo persi quello che pare essere lo spettacolo della stagione, “People,
places and things” al Wyndham’s Theatre.
E poi...
E poi piove.