Monday, December 17, 2018

Roma segreta.

L'ex-Mattatoio.
di Chiara Boscaro

Sulla Città Eterna si potrebbero versare fiumi di parole. La Grande Bellezza, la Grande Decadenza, il Grande Impero.
Io preferirei parlare di cacio e pepe.
La cacio e pepe, uno dei più semplici piatti della tradizione cittadina, è inafferrabile, irraggiungibile, irreplicabile. Sono anni che azzardiamo ricette su ricette, e ancora i grumi non si sciolgono.
Perché? Dove sta il segreto?
Uno dice “Col tempo che ci hai perso, prenditi un treno e mangiala direttamente a Roma”. Beh, lo faccio. Sono nella Capitale per il Drama Lab del progetto Fabulamundi, starò a Testaccio, all'ex-Mattatoio, per una quindicina di giorni. Nel frattempo c'è anche il Festival Short Theatre, e le mie coinquiline temporanee in casa non cucinano “perché fa odore”. Non ho scuse,l'occasione è perfetta per uno studio socio-gastronomico tra il mercato di Testaccio e le numerose trattorie di Trastevere.
Altarini.
Giorno 1:
Il tonnarello. Il tonnarello fresco non viene estruso, come pensavo. Di base è una specie di lasagna piuttosto grezza, che sul momento viene tagliuzzata nella tipica forma di spaghetto alla chitarra (passatemi il francesismo) un po' grosso.
Giorno 3: 
Le Ceneri di Gramsci.
Il pecorino. Il pecorino romano pare avere caratteristiche organolettiche sconosciute agli altri formaggi. Ma mi restano alcune domande: quale stagionatura? meglio aggiungerlo grattugiato a fine cottura o meglio preparare la cremina prima, con eguali parti di acqua bollente e formaggio? e quanto deve essere bollente l'acqua? e davvero la cremina si tiene a bagnomaria fino alla mistica unione con la pasta, pena la formazione dei temuti grumi?
Giorno 7:
Qualcuno mi parla di brodo di pepe. Mah. Di sicuro il pepe è in grani e si macina al momento.
Giorno 10:
L'olio non ci va. La cremina basta e avanza.
Giorno 12: 
Sì, ma qual è il momento giusto per scolare la pasta e fare la magia? 
“Prima.”
Sì, ma prima di cosa?
“Prima.”
Sì, ma quanto prima?
“Prima.”
Prima.
Io, prima di ripartire, ne ordino un altro piatto e mi rassegno al fatto che, a casa, mi toccherà vivere di ricordi.



p.s. Per digerire tutta questa pasta ho fatto qualche passeggiata in zona. Consiglio il Giardino degli Aranci (con una vista strepitosa su mezza città e numerose spose piuttosto trash), il Circo Massimo, il Cimitero degli Acattolici (con annesso pellegrinaggio alle Ceneri di Gramsci).

Monday, September 17, 2018

Mandanici.

di Marco Di Stefano e Chiara Boscaro

La "mezza" al caffè con panna.
AVVISO AI NAVIGANTI: Attenzione! Questo post di Aspetta Primavera presenterà caratteristiche insolite. Pertanto i frequentatori di questo blog potrebbero restarne fortemente delusi. In particolar modo, è giusto che sappiate che in questo post NON PARLEREMO DI CIBO!
RIPETIAMO: NON PARLEREMO DI CIBO!

Dopo questo doveroso annuncio, possiamo cominciare.
I Confratelli Marco e Chiara sono invitati in Sicilia per partecipare alla terza edizione di WRITE – Residenza Internazionale di Drammaturgia. WRITE è un progetto del drammaturgo, attore e regista messinese Tino Caspanello, che ha ricevuto il premio della giuria a Riccione Teatro nel 2003 per il testo Mari. L'organizzazione è curata da LATITUDINI - Rete siciliana di drammaturgia contemporanea, con la guida sicura di Gigi Spedale e sotto lo sguardo attento di Vincenza Di Vita.

Il giorno 2 luglio i nostri eroi calano in Sicilia: la residenza inizia il 3, ma una puntata al mare non guasta. Abbandoniamo dunque la terza persona plurale ed entriamo nel vivo della narrazione: ad accoglierci, alla discesa del traghetto Villa San Giovanni – Messina, è lo stesso Tino. Non capita spesso che il direttore artistico venga direttamente a prenderti, e questa è solo la prima delle “anomalie” positive di WRITE. Tino ci accompagna in un delizioso B&B a Furci Siculo. Per delizioso intendiamo che è a 50 metri dal mare e che la terrazza affaccia direttamente sullo Ionio. Non ci sembra vero. Una residenza in Sicilia a inizio luglio che si apre con una intera giornata di mare. Verso sera Tino torna a prenderci e ci porta nella sua casa di Pagliara per la cena. Lì conosciamo Cinzia Muscolino, moglie di Tino e sua compagna di palcoscenico, e Antonella Babbone, che li affianca fin dalla prima edizione. Antonella quest'anno deve occuparsi in particolar modo di tradurre parole e pensieri di Barbara Chastanier, autrice francese in residenza. Vi facciamo spoiler: Antonella lo farà in modo egregio e con grande generosità.
La cena va come una normale cena al sud: la padrona di casa esordisce con “ho fatto giusto due cose veloci” e... e il resto lo sapete se siete stati almeno una volta ospiti in una casa siciliana. Valore aggiunto: il vino rosso fatto direttamente da Tino. Ottimo.
Dopo cena ci raggiungono Maximilian La Monica e Alessia Fronza della casa editrice Editoria & Spettacolo. Sono qui per seguire la residenza e per la presentazione del volume Sottotraccia, quarta raccolta dei testi teatrali di Tino. Portano con loro una cospicua parte del catalogo di Editoria & Spettacolo, roba da perderci la testa. Date un occhio al loro sito.
Monastero della SS. Annunziata a Mandanici.
Durante la serata parliamo di teatro, di Sicilia (Marco ha il papà di Trapani), di cucina e di letteratura. È bello stare qui, con queste persone.
Il giorno dopo lo passiamo ancora a Furci: colazione in terrazza, mare, seconda colazione con granita e brioscia, mare, pranzo con arancini (lo diciamo al maschile, in onore del luogo che ci ospita), mare, merenda con granita senza brioscia, e ancora mare. Alle sette Maximilian e Alessia ci recuperano per andare nel luogo che ospiterà la residenza: il monastero della SS. Annunziata a Mandanici, in provincia di Messina.
In macchina conosciamo Alexander Manuiloff, drammaturgo bulgaro molto attivo in Germania. Scopriamo che è amico di Yasen Vasilev, che con noi aveva partecipato al Festival PIIGS a Barcellona nel 2016.
Il monastero è un luogo magico. Qui vivremo per i prossimi 5 giorni. Nel cortile facciamo la conoscenza degli altri autori: Giovanni Greco, regista, drammaturgo, docente all'Accademia Silvio D'Amico e autore del romanzo Malacrianza (finalista Premio Strega 2012); Nello Calabrò, dramaturg della compagnia Zappalà Danza; Jeton Neziraj, ex-direttore del Teatro Nazionale del Kosovo e attualmente direttore di Qendra Multimedia a Pristina; la già citata Barbara Chastanier, autrice e attivista nota in Francia per la pièce “La Femme® n'existe pas” (non è un refuso, il simbolo del copyright fa parte del titolo). Manca solo Andrea Saitta che, per un imprevisto, potrà raggiungerci solo il penultimo giorno.
Con noi c'è Giuseppe Di Bella, raffinato cantautore chiamato a scrivere ogni giorno una canzone a partire delle suggestioni della giornata. 
La formula di WRITE è una sfida per tutti: ogni sera due autori – scelti da Tino - decidono un tema e devono consegnare un testo creato appositamente per la residenza entro le 15 del giorno dopo. Alle 15 un regista prende in mano il testo e lo mette in scena la sera stessa con un gruppo di coraggiosi attori (e qualche gradito outsider).
Autori all'opera.
Una consegna del genere manderebbe in ansia anche William Shakespeare, invece... invece tutte le persone coinvolte si donano con generosità, creando un evento unico nel suo genere: 4 serate di drammaturgia contemporanea davanti a un pubblico attento, una vera e proprio comunità che respira teatro 24 ore al giorno, un regalo. 
A WRITE tutto avviene con naturalezza, senza stress, in un ambiente familiare e ospitale. Non ci sono rivalità, non ci sono invidie. C'è solo la voglia di stare insieme e di confrontarsi su quello che accade in Italia e in Europa a livello teatrale (e non solo).
Il primo turno tocca a Chiara e Giovanni Greco. I due si danno addirittura lo stesso titolo: “Kafka è nato ieri”. Il giorno dopo Barbara e Marco cercano di rispondere alla domanda “Come amiamo oggi?” Il terzo giorno Nello e Alexander si confrontano su “La Scelta” per poi chiudere con “La Morte” affrontata da Jeton e Andrea. Il risultato sono otto testi diversissimi tra loro, ognuno con una forte identità nonostante il poco tempo a disposizione. O forse proprio grazie al poco tempo. L'ultima sera si chiude in bellezza con un testo collettivo dedicato alle “porte” della testa del potere, compreso un orecchio di Trump.
E poi... poi si festeggia, si piange un po', ci si saluta con il fazzoletto mentre l'aliscafo si lascia Cariddi alle spalle.

(Grazie anche a: Chiara Chirieleison, Selene Di Bella, Cinzia Borgosano, Santina Nibali, Diana Borgia, Elena Russo, Claudia Bertuccelli, Auretta Sterrantino, Donatella Venuti, Paride Acacia, Roberto Zorn Bonaventura, Federico Magnano San Lio, Nicola Alberto Orofino, Javier Sahuquillo, Vincenzo Tripodo, Milena Bartolone, Marta Bevilacqua, Marielide Colicchia, Alice Ferlito, Valentina Lupica, Giovanna Manetto, Alice Sgroi, Francesco Bernava, Luca Fiorino, Gianfranco Quero, Michelangelo Maria Zanghì, Turi Zinna)

Monday, June 25, 2018

New York.

Central Park.
di Chiara Boscaro e Marco Di Stefano

Una cosa è certa. Ovunque ti giri, sei già dentro un film. C'è il tunnel di Men in Black, c'è quello scorcio del Ponte di Brooklyn che hanno usato in tanti, c'è l'albergo di Mamma ho perso l'aereo, c'è Central Park, e Central Park c'è un po' in tutti i film. "Cazzo. C'è l'entrata della Grand Central Station, dove Bruce Banner si trasforma in Hulk mentre tira un cazzotto sul muso a un Chitauro gigante. È così che inizia la battaglia finale del primo Avengers!". Se ci seguite da un po' potete immaginare chi ha detto questa frase mentre tremava come un bambino...

(Fine del racconto nerd e inizio del racconto epico.)

I confratelli Marco Di Stefano e Chiara Boscaro sono nella Grande Mela per ricevere il Mario Fratti Award 2018 all'Istituto Italiano di Cultura. Il Mario Fratti Award è un premio di drammaturgia organizzato annualmente da In Scena!, festival di teatro italiano a New York diretto con professionalità e tenacia da Laura Caparrotti.
Chiara e Marco sono pronti per ritirare l'ambito premio, ma dentro di loro covano un altro obiettivo: scoprire i segreti di quella che viene definita LA CITTÀ con tutte le maiuscole. Hanno studiato (Chiara) e combattuto il jet lag a colpi di melatonina (Marco), ora sono pronti a fare i turisti. Non portano sandali col calzino, ma pare che il passo lento e vacanziero li svenda subito, nel ritmo forsennato dei newyorkers.
Il testo che hanno scritto, quello con cui hanno vinto il Premio Mario Fratti, parla proprio di città. Si intitola "La Città che Sale", e guarda caso, "La Città che Sale" originale, quella di Boccioni, sta proprio qui, al MoMA. Coincidenza? Noi pensiamo di no...
I consigli degli amici pre-partenza sono stati numerosi e circostanziati: pare che tutti siano già stati qui e abbiano liste infinite di imperdibili. Musei, esperienze, scorci, bar, persino il cibo, che non è che gli americani siano proprio famosi per il cibo. Ma questa mica è l'America, questa è una città stato figlia del mondo, un frullatore che a ogni fermata di metropolitana ci catapulta in inedite dimensioni parallele.
La sensazione condivisa è che una settimana non basterà mai.
Ma Chiara e Marco non sono due turisti qualsiasi...

(fine del racconto epico. Ora si cazzeggia un po' in stile Confraternita.)

In programma ci sono due spettacoli: il geniale musical The Book of Mormon di Trey Parker, Matt Stone (i creatori di South Park e Team America) e Robert Lopez; e il - da tutti consigliatissimo - Sleep no more dei Punchndrunk al McKrittick Hotel, che ci è piaciuto un po' meno, nonostante l'impressionante apparato scenografico che coinvolge tutto il palazzo e che dà la possibilità al pubblico di girare liberamente per 3 ore seguendo i personaggi o la trama che preferisce (o semplicemente affidandosi al caso).
Ah, tornando a "The Book of Mormon"... NON PERDETEVELO ASSOLUTAMENTE.
È in scena a Broadway, all'Eugene O'Neill Theatre. Ci fa ancora male la mascella dal ridere. Un ridere intelligente e dissacrante.
Vi abbiamo già detto di non perdervelo?
Il resto dell'itinerario prevede il traghetto per Staten Island (gratuito e con vista sulla Statua della Libertà), un giretto a downtown e midtown con il naso all'insu, Chinatown (che una volta era Little Italy), Central Park (e Strawberry Fields Forever e Angels in America e una serie di artisti di strada bravissimi), i Musei del Museum Mile, la Harlem dei Gospel Bar e la Dumbo con gli sposini a farsi foto dappertutto. Tra tutto ci piace molto la Highline (parco ricavato sui binari in disuso di un tram sopraelevato che attraversava Chelsea), l'Orto Botanico di Brooklyn (che a inizio maggio si riempie di ciliegi in fiore, per sapere il giorno preciso basta seguire le news sul sito, aggiornate in tempo reale con tutte le fioriture) e Coney Island, storico parco divertimenti ricavato praticamente in spiaggia. Sì, New York ha la spiaggia, e se ci sono 30 gradi, basta un'oretta di metropolitana da Manhattan.
Istituto Italiano di Cultura.
A proposito di metropolitana, meglio stare attenti ai cartelli e agli avvisi audio: i lavori di mantenimento e ristrutturazione sono sempre dietro l'angolo, e bisogna essere lesti nell'escogitare tragitti alternativi.

(basta cazzeggio. Ora la parte preferita da chi legge questo blog.)

Va bene. Si parli anche di cibo, anche se di sacrilegio si tratta. Per l'hamburger, consigliato Shatzie all'Upper West Side, tra la 103esima e la Broadway (ottimo anche il pastrami) e il Burger Joint nascosto dentro l'hotel di lusso Le Park Meridien, vicino a Times Square. Per l'hot dog consigliamo Nathan's a Coney Island (va beh, Nathan's lo consigliano tutti...), dove ogni 4 luglio si festeggia l'indipendenza con una gara a chi ingurgita più panini.
Rimanendo sul filone panini (ah ah, filone, panini... bravo Marco, che gioco di parole di merda...) abbiamo sperimentato anche il panino con l'astice di Luke's Lobster a Dumbo. Al tramonto, con una bella birra fresca, è davvero la pace dei sensi.

Un'ottima soluzione per risparmiare tagliando un pasto è il brunch, dove due uova (sopra qualsiasi pietanza, dalla macedonia alle polpette fritte) non si negano a nessuno. Noi abbiamo molto amato Metro Diner. È uno degli ultimi diner di New York, non perdetevelo.
Le patate fritte spadroneggiano nei menù, ma non è impossibile mangiare "sano", destreggiandosi tra migliaia di baracchini, multietnici vari e l'onnipresente fumo di griglia (oltre a quello che, ora possiamo confermarlo, davvero esce dai tombini).

Metro Diner.
(ecco il finale... dove si deduce che siamo ancora frastornati da NYC)

Che altro si può dire? È una città che non dorme mai, probabilmente è davvero il centro del mondo occidentale, ma che è difficile apprezzare come turisti (almeno per Marco). New York è un posto dove bisognerebbe fermarsi dei mesi, sedersi al bancone di un bar e capire come farsi trascinare in qualcosa di entusiasmante che sicuramente sta capitando a due passi, nascosto nel retro di una bottega o nella cantina di una chiesa.
Perché, nonostante la grandezza e la frenesia, New York vive ancora di relazioni di prossimità, vita nei quartieri e un grande senso di appartenenza a quello che si può definire un esempio di melting pot unico nel suo genere. Una vera e propria "Città che sale".
(a proposito, il quadro di Boccioni visto dal vivo è una bomba. Vale da solo l'ingresso al MoMA)
In attesa di tornare a New York vorremmo ringraziare tutto lo Staff di In Scena!: Laura Caparrotti, Donatella Codonesu e Carlotta Brentan che ha tradotto "La Città che sale.", Jenny Tibbels che ne ha diretto la mise en espace, gli splendidi attori che lo hanno interpretato, l'Istituto Italiano di Cultura, la giuria del premio e tutti gli artisti del festival. E in ultimo il maestro Mario Fratti per la presenza e per le belle parole.

Friday, June 01, 2018

Rimini.

ph. www.riminiturismo.it
di Diego Runko

Sono riminese da poco più di un anno e mezzo, quindi quello che dico andrebbe sicuramente preso con le pinze. 
In ogni caso, per la nostra rubrica di cultura gastronomica (e non solo), mi sento di suggerire due templi sacri della piadina romagnola: La Casina del Bosco, a pochi passi dal Grand Hotel,  un tempo ex-baracchino e ora agile ristorantino a pochi passi dai bagni di Marina Centro dove gustare ogni tipo di delizia che abbia a che fare con piada e cassoni.
La seconda perla è il Bar Ilde sul colle di Covignano: piada leggermente più alta di quella della Casina (come succede nella Romagna del nord) ma ugualmente buona. 
ph. www.riminiturismo.it
Una citazione non posso non farla alla zona delle Cantinette, in pieno centro storico a Rimini, dove è possibile farsi un aperitivo degno di questo nome (e che nulla ha da invidiare a quelli milanesi) in diversi bar nei dintorni della vecchia pescheria. Il mio preferito? La Bottega della Creperia, situata in una piazzetta bellissima, sede dell’antica Libreria Riminese. Se prima dell’aperitivo vi fermate per un gelato io vi suggerirei Il Pellicano in una traversa di Piazza Tre Martiri (quella del monumento alla frase “il dado è tratto” e quella della statua di Giulio Cesare, appunto). 
Chi di voi avesse voglia di fermarsi per un pranzo o una cena romagnola degna di questo nome consiglierò sempre il mio posto preferito: Trattoria Renzi (che non è quello del PD), a Canonica (Santarcangelo di Romagna), dove il menù inizia e finisce con: “Qui si mangia: tagliatelle al ragù, salsicce, grigliate di carne e radicchio fresco.” Se ci aggiungete anche una bottiglia di Sangiovese Superiore state lastricando per bene la vostra strada per il Paradiso. 


Monday, April 30, 2018

Porta Romana.

di Marco Pezza

Siamo a Milano. Zona Porta Romana. Uno dei fulcri della movida milanese: ci sono le terme, i locali e i teatri. Uno in particolare; uno tra i più importanti per le produzioni, le ospitalità, le scoperte e i Bagni Misteriosi. In via Pier Lombardo c'è il Teatro Franco Parenti
A maggio, parecchi Confratelli saranno impegnati proprio in questo teatro con due diversi spettacoli nella stessa rassegna, Passione Civile.
Acciaio Liquido.
Si comincia il 17-18 maggio con Marco Di Stefano, autore del testo di Acciaio Liquido, che con la regia di Lara Franceschetti porta in scena una tragedia avvenuta a dicembre 2007, quando nell’acciaieria Thyssenkrupp di Torino si scatena un incendio in cui perdono la vita sette operai. Poi il processo, gli operai, i dirigenti, i parenti, le maschere dell'ufficialità e l'umanità di ognuno.
Si continua il 23-24-25 maggio con Pioggia, testo e regia di Marco Pezza e in scena altri due confratelli oltre a lui: Giovanni Gioia e Diego Runko. In una casa cantoniera dell’hinterland milanese, quattro operai addetti alla manutenzione delle strade – tre italiani più Osman, un immigrato turco – sono costretti a passare una notte di straordinari sul luogo di lavoro per affrontare una grave emergenza meteorologica. Con loro un quinto uomo, italiano e neofascista. Mentre la pioggia continua a cadere 
Gli orari degli spettacoli variano di sera in sera e quindi prima o dopo le poltroncine rosse c'è modo di andare a mettere le gambe sotto il tavolo. 
Pioggia.
I più scettici storceranno il naso pensando di riempirsi la pancia senza spendere un capitale. Invece dovranno ricredersi perché Dongiò, ristorante calabrese in via Bernardino Corio 3, vanta primi piatti con pasta fresca trafilata in bronzo (fatta in casa!) nelle varie ricette della tradizione calabra, come ad esempio le tagliatelle di Re Ferdinando e gli spaghetti alla Cafoncella; ovviamente non manca l'nduja di Spiliga col caciocavallo silano e mi raccomando, provate le polpettine di cicoria; anche i dolci (sempre fatti in casa!) sono una bomba. Il tutto annaffiato da un'immancabile bottiglia di Cirò. E il prezzo? Non storcete il naso, non va assolutamente temuto.
Se invece allunghiamo la strada e facciamo quattro passi lasciandoci Piazza Medaglie d'Oro alle spalle, troviamo l'Osteria dell'Acquabella, in via San Rocco 11. 
Qui passiamo a un altro tipo di cucina, più nordica, anzi decisamente lombarda! Uhe cicetti! Sei qui e adesso ti prendi un bell'antipasto di raspadura lodigiana, un risotto giallo al salto, che non è altro che una rondellona di risotto alla milanese, bella croccante, che voi altri giargiana non ve la sognate nemmeno; poi vi buttate su una bella salsiccia ubriaca al Buttafuoco oppure a cabaret di mundeghili, le tipiche polpette meneghine. La cantina è ricca e copre tutta la produzione vinicola nazionale con alcune eccellenze da nord a sud comprese le isole. Ma se vogliamo dare fondo a un'ottima bottiglia di rosso fermo lombardo, senza spendere troppo, il consiglio è un Riccardi - San Colombano DOC Mombrione riserva. Qui i dané non volano via, ma se ci si fa prendere dalla gola è un attimo. Taaac!

Friday, February 09, 2018

Napoli.

Diego, tu che ne pensi?
Sala Ichos.
Napoli è una di quelle città delle quali non sai mai se apprezzi di più la bellezza degli scorci naturali che puoi trovarci; la straordinaria varietà di monumenti e opere artistiche di valore; la schiettezza, il sorriso, la simpatia e l’accoglienza dei suoi abitanti o la prelibatezza della sua cucina. Ammetto che, in tutta onestà, la competizione tra questi suoi aspetti rimane viva e difficile da risolvere, seppure la fame atavica degli attori, che in quanto tale ci perseguita da sempre, tenderebbe a far risaltare la vittoria della tavola imbandita. Forse per questo non vi parlerò del Cristo velato (anche perché sarebbe difficile una volta rimasto senza parole vedendolo), ma vi parlerò della pizza mangiata in via dei Tribunali (margherita), ma anche di quella mangiata da asporto a casa (salsiccia e friarielli), del caffè bevuto in un bar con i capelli di Maradona esposti in una teca, della sfogliatella gustata passeggiando nei dintorni di Santa Chiara, delle superbe torte salate mangiate da Rossella, dell’irripetibile pasta al ragù napoletano di Teresa, con tanto di secondo di carne e friarielli, della pasta al forno di Pippo e del vino che ha aiutato tutte queste cose a trovare la via dello stomaco. Vi parlerò anche di un posto che si chiama “Il ritrovo dei sapori”, di fronte alla stazione centrale, dove ho acquistato una mozzarella (da mezzo chilo) e una provola (da un chilo e mezzo) memorabili. Infine, per espiare, vi farò una confessione. Non avevo mai letto un libro di Erri De Luca. Mi ero ripromesso di leggerne uno, specie dopo le vicissitudini che l’autore ha dovuto subire, legate alla TAV. Se non ne sapete nulla cercatelo in google. Quale posto migliore di Napoli, per acquistare un libro di Erri De Luca? Ho dato un’occhiata veloce ai titoli e ho avuto pochi dubbi. “Il giorno prima della felicità”. Preso. Letto. Piaciuto. E resto fermamente convinto che l’autore si riferisce al giorno prima di tornare a Napoli. 
Sala Ichos.

Chiara, un pensiero sulla città?
Siamo tre giorni in tournée a Napoli. Siamo in scena con ESODO pentateuco #2 dagli amici di Sala Teatro Ichos, a San Giovanni a Teduccio. 
Mi pungola l'amara consapevolezza che non riuscirò ad assaggiare tutto quello che vorrei, ma la vita è così, se ne fugge via lasciandoti con l'acquolina in bocca. E poi so già che presto qui ci torneremo, il Progetto Pentateuco ha altri quattro titoli.
L'unica speranza che nutro, nel fondo del cuoricino, è di riuscire a carpire almeno uno dei segreti custoditi golosamente da questa città. La domanda è sempre la stessa, "come si fa?". Come si fa il caffé? Come si fa la pasta patate e provola? Come si fa la pizza? Come si fa la pastiera? Come si fa il ragù? Come si fa? Come si fa? Come si fa?
Beh. Una risposta ora ce l'ho.
Sala Ichos.
"Si scalda."
Si scalda la mozzarella.
Si scalda la provola.
Si scalda il tarallo.
Si scalda la sfogliatella.
Si scalda il casatiello.
E ora anche il mio cuoricino.

Margherita, tu che non c'eri, cosa vuoi dire?
#vedinapoliepomuori
E quindi, per evitare che si avveri, a Napoli non ci sono mai stata. Se non 35 minuti quella volta che andavo al matrimonio di Zio a Sorrento. Abbiamo fatto concentramento lì con tutti i parenti del nord e ci siamo spostati a Palma Campania in pullman proprio come la tifoseria di una squadra di calcio. Solo, con le chitarre, perché dovevamo fare la controserenata con Iannacci alla sposa.
Insomma, ci sono passata ma con gli occhi chiusi. Neanche il tempo di una sfogliatella!
E quindi ora perché dovrei desiderare di essere lì? Perché dovrei voler rischiare il tutto per tutto? 
Per il tarallo. 
Il tarallo napoletano con una birra fresca, questo è tutto ciò che desidero, ora lo so.
Sono due ore che li aspetto in stazione, devo aiutarli con lo scarico della scenografia a Manifattura K. Devo aspettarli, devo accompagnarli a Manifattura K. sfidando il traffico delle 18 in uscita da Milano, devo aiutare a scaricare e mettere tutto in magazzino. 
Solo allora potrò allungare una mano tremante e pretendere ciò che mi spetta.
Il tarallo.
Me l'hanno promesso.
Sarà mio.

Stefano, tu a Napoli sei "in prestito" (da Karakorum Teatro), hai un'ultima considerazione da fare?
Burp.