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Monday, December 17, 2018

Roma segreta.

L'ex-Mattatoio.
di Chiara Boscaro

Sulla Città Eterna si potrebbero versare fiumi di parole. La Grande Bellezza, la Grande Decadenza, il Grande Impero.
Io preferirei parlare di cacio e pepe.
La cacio e pepe, uno dei più semplici piatti della tradizione cittadina, è inafferrabile, irraggiungibile, irreplicabile. Sono anni che azzardiamo ricette su ricette, e ancora i grumi non si sciolgono.
Perché? Dove sta il segreto?
Uno dice “Col tempo che ci hai perso, prenditi un treno e mangiala direttamente a Roma”. Beh, lo faccio. Sono nella Capitale per il Drama Lab del progetto Fabulamundi, starò a Testaccio, all'ex-Mattatoio, per una quindicina di giorni. Nel frattempo c'è anche il Festival Short Theatre, e le mie coinquiline temporanee in casa non cucinano “perché fa odore”. Non ho scuse,l'occasione è perfetta per uno studio socio-gastronomico tra il mercato di Testaccio e le numerose trattorie di Trastevere.
Altarini.
Giorno 1:
Il tonnarello. Il tonnarello fresco non viene estruso, come pensavo. Di base è una specie di lasagna piuttosto grezza, che sul momento viene tagliuzzata nella tipica forma di spaghetto alla chitarra (passatemi il francesismo) un po' grosso.
Giorno 3: 
Le Ceneri di Gramsci.
Il pecorino. Il pecorino romano pare avere caratteristiche organolettiche sconosciute agli altri formaggi. Ma mi restano alcune domande: quale stagionatura? meglio aggiungerlo grattugiato a fine cottura o meglio preparare la cremina prima, con eguali parti di acqua bollente e formaggio? e quanto deve essere bollente l'acqua? e davvero la cremina si tiene a bagnomaria fino alla mistica unione con la pasta, pena la formazione dei temuti grumi?
Giorno 7:
Qualcuno mi parla di brodo di pepe. Mah. Di sicuro il pepe è in grani e si macina al momento.
Giorno 10:
L'olio non ci va. La cremina basta e avanza.
Giorno 12: 
Sì, ma qual è il momento giusto per scolare la pasta e fare la magia? 
“Prima.”
Sì, ma prima di cosa?
“Prima.”
Sì, ma quanto prima?
“Prima.”
Prima.
Io, prima di ripartire, ne ordino un altro piatto e mi rassegno al fatto che, a casa, mi toccherà vivere di ricordi.



p.s. Per digerire tutta questa pasta ho fatto qualche passeggiata in zona. Consiglio il Giardino degli Aranci (con una vista strepitosa su mezza città e numerose spose piuttosto trash), il Circo Massimo, il Cimitero degli Acattolici (con annesso pellegrinaggio alle Ceneri di Gramsci).

Saturday, March 11, 2017

Roma.

I tramonti ai Fori.
di Chiara Boscaro

Ah, la Città Eterna.
Ah, la Dolce Vita.
Ah, il fontanone.
Ah, i tramonti ai Fori.
Ah, i debutti a Roma.

Per me e Marco Di Stefano questa volta la Capitale è gioioso motivo di gita. È la fine di gennaio, ci sono dieci gradi in più che a Milano, il sole splende e abbiamo ben due giorni per passeggiare tra capolavori della storia dell’arte e trattorie famose in tutto il mondo dello spettacolo nazionale. Il 31 debutta al Teatro de’ Servi Bedda Maki, una commedia che abbiamo scritto insieme e che ha vinto il concorso “Una commedia in cerca di autori” (la regia è di Roberto Marafante, la produzione de La Bilancia). Il Teatro de’ Servi è dietro la Fontana di Trevi proprio come si dice, e noi siamo parecchio curiosi del riscontro del pubblico romano, più avvezzo (pare) alla commedia brillante rispetto agli spettatori milanesi. Per sedare l’ansia da prestazione ci sottoponiamo a un programma serratissimo di attività ludico-ricreative. 
In agenda abbiamo le solite cose del turismo romano:
L’hammam. Da AcquaMadre, con tanto di sapone nero e scrub con la striglia dei cavalli. Ci ritroviamo spellati e rossi come fichi d’india su una bancarella a Bari vecchia.
Il sushi. Di Daruma, compreso nel biglietto per la prima di Bedda Maki.
Il whiskey più buono del mondo. O così ci dicono. Un liquore giapponese effettivamente ottimo che sorseggiamo a caro prezzo in un bar di Campo De’ Fiori.
L’hamburger di ceci con cicoria ripassata e peperoncino da Fonzie The Burger’s House, al ghetto.
E poi esperienze più inusuali come:
Il carciofo fritto. Provato con metodo comparativo Da Francesco e da Sora Margherita.
La pizza romana al Forno di Campo De’ Fiori.
Una passeggiata digestiva sull’Aventino, dalla fermata della metropolitana Piramide su su fino al famoso buco della serratura dei Cavalieri di Malta, e poi Santa Sabina all’Aventino, il Giardino degli Aranci, il roseto di Roma Capitale, e poi giù giù fino al Circo Massimo, la Bocca della Verità, Santa Maria in Cosmedin, i Fori Imperiali e il Campidoglio.
Non riusciamo a entrare a San Luigi dei Francesi, ma solo perché ci passiamo sempre dopo le dieci di sera.
I debutti a Roma.
È una gitarella, niente di più. Ci vorrebbero settimane per esplorare la Capitale, amarla, arrabbiarsi, stupirsi di tutto quel cielo sopra la testa, fare un giro sul Grande Raccordo Anulare, capire la Metro C... ma purtroppo siamo milanesi,e il dovere ci richiama all’ordine. Sarà per un’altra volta.
P.S. Il pubblico romano il Bedda Maki l’ha gradito. Fiuuuu.