Tuesday, December 20, 2016

A Trento trotterellando

di Diego Runko

Due anni fa a Trento ci eravamo andati a dicembre. 
Sempre al Teatro Portland.
Sempre a trovare il nostro amico Andrea Brunello, direttore del teatro e artista instancabile, promotore negli ultimi anni di uno dei connubi più interessanti delle scene contemporanee: quello fra teatro e scienza. Se nulla sapete di Andrea e del suo lavoro, vedete di provvedere googlando il suo nome e vi si aprirà un mondo.
Il Teatro Portland di Trento.
A dicembre, due anni fa, a Trento ci eravamo trovati benissimo. Anche perché, onestamente, in un posto dove lo stinco e i mercatini di Natale la fanno da padroni, l’anima maschile e l'anima femminile della Confraternita trovano la soddisfazione e la pace perpetue.
Due anni fa avevamo avevamo 
portato in scena Non voltarti indietro, lo spettacolo scelto quest’anno per il Premio Pradella dell’Accademia e del Teatro dei Filodrammatici di Milano. 
Quest’anno tocca a noi l’onore di aprire la stagione con ESODO pentateuco #2, fresco vincitore di premi estivi importanti. 
Trento e premi per la Confraternita sembrano un buon connubio.
Veniamo accolti da un bellissimo articolo di presentazione dello spettacolo sul giornale locale, cosa che non può che metterci di buon umore. 
In generale l’attenzione per la programmazione artistica, anche degli altri teatri della città e della zona, ci sembra in costante crescita. C’è anche un progetto editoriale nuovo nuovo, si chiama VIVO – per un teatro del presente.
Marco e Chiara hanno approfittato della trasferta in terra trentina per portarsi avanti col lavoro e sono arrivati già ieri. In realtà sono arrivati un giorno prima solo per cenare alla mitica Antica Birreria Pedavena. Cosa che non gli perdonerò mai. 
L'Antica Birreria Pedavena di Trento.
A voi, cari lettori, non posso che consigliarlo. Elencare le pietanze e le birre sarebbe per me, in questo momento, oltremodo doloroso, ma se siete in città un salto fatecelo.
Stasera il pubblico è caloroso e numeroso. Senza ombra di dubbio il Teatro Portland rimane per noi un luogo dell’anima. Anche per il fatto che post spettacolo Andrea e lo staff hanno l’abitudine (che personalmente imporrei per legge in tutti i teatri italiani) di offrire un bicchiere di vino e qualche stuzzichino ad artisti e spettatori.
La tappa delle ore piccole è la pizzeria Al Vesuvio. Personale cordiale e menù all’altezza delle aspettative, anche non di sole pizze. E rimane aperto fino alle 2 del mattino.
Ma domani si riparte presto. Dormiamo (poco) in un appartamento bellissimo, a prezzi più che modici, scovato da Marco su Airbnb, altro sito che vale la pena conoscere.

Tuesday, December 06, 2016

Niguarda.

di Chiara Boscaro

ph. Federica Lissoni
Quando si arriva a Niguarda col tram 4, lasciato indietro l’ospedale e un lembo di Parco Nord, la prima cosa che colpisce lo sguardo è l’immenso murale di Niguarda Antifascista. È stato più volte vandalizzato, ma sempre torna lindo e fermo a dichiarare l’anima del quartiere. 
Sin a partire dalle sue mura. 
È come una fortezza medievale, Niguarda, così raccolta attorno alla direttrice di Via Ornato. Il tram penetra guardingo tra due ali di case basse con quell’aria di vecchia Milano vera, e non ricostruita ad hoc con una app per cellulari. 
Niguarda è così. Un quartiere di gente che lavorava nelle fabbriche di Sesto San Giovanni e della Bicocca. Decine sono le associazioni e i circoli culturali, molti i gruppi informali di cittadini. E noi fino all’11 dicembre siamo in scena proprio qui, al Teatro della Cooperativa (via Hermada 8), fondato grazie al sostegno della Cooperativa Abitare alla fine del 2001 dal drammaturgo, regista e attore Renato Sarti – già collaboratore del Piccolo Teatro con Giorgio Strehler e del Teatro dell’Elfo di Milano – vincitore del Premio I.D.I., Premio Vallecorsi, Premio Riccione per il teatro, Premio Gassman, Premio Enriquez, Ambrogino d’Oro. 
ph. Federica Lissoni
Lo spettacolo che ci porta in questo quartiere è La Bottega del Caffè, un classico goldoniano che abbiamo tagliato e riscritto completamente, ma che non cade troppo lontano dagli intenti di zio Carlo. Almeno, questo crediamo noi. In scena, la Confraternita al gran completo, con Valeria Sara Costantin nella parte di Vittoria, Marco Pezza in quella del Conte Leandro, Diego Runko nei panni del caffettiere Ridolfo, Giovanni Gioia in versione Don Marzio e la guest star Valentina Scuderi chiamata a sostituire la neomamma Giulia Versari nel doppio ruolo di Lisaura e Placida. Lo spettacolo è una commedia degli equivoci spassosa e dissacrante che  coinvolge il pubblico molto da vicino e che, come dice Michele Weiss su La Stampa, ha il merito di “Aver attualizzato le dinamiche settecentesce in un'epoca che assomiglia al 99% alla nostra ma che non lo è fino in fondo - evitando così il peccato (mortale) di sociologizzare la pièce. Il resto lo fanno la freschezza e l'affiatamento degli attori ben diretti dalla regia di Marco Di Stefano che sfrutta i limiti della messa in scena [...] per deflagrare in mezzo al pubblico, ricreando così la famosa piazza con bottega del caffè e annesso barbiere in cui si tiene la vicenda."
Beh? Che aspettate?

E se prima o dopo lo spettacolo volete farvi un giro per il quartiere, ecco qualche dritta:
Per un aperitivo
Moe’s – Via Paolo Rotta
ph. Federica Lissoni
Per una buona birra e un panino dalle 19.30 alle 02.00 (03.00 il venerdì e il sabato)
Scott Joplin – via val di ledro 11
Per una pizza
Il Gatto e la Volpe - Via Paulucci di Calboli Fulcieri 4
Infine un’occhiata (e anche più d’una) merita Villa Clerici (via Giovanni Terruggia 8), il suo giardino e la GASC – Galleria d’Arte Sacra dei Contemporanei.

Thursday, November 10, 2016

Torino.

di Chiara Boscaro

Domenica.
Torino
Torino è praticamente a due passi da casa, ma ci sono sempre passata così, solo di passaggio. Torino ha qualcosa di regale, è stata una capitale, ha chilometri di portici e bar con boiseries dorate che a Milano non riusciamo neanche a immaginare, non fa proprio per noi. A Torino sono venuta in gita in prima media a vedere il Museo Egizio, e poi boh. Sì, mi sono fermata un paio di volte in Stazione a Porta Susa, ma giusto per aspettare la coincidenza di un treno. Le primissime considerazioni empiriche sulla città mi portano a dire che fa più freddo, il Po non si vede e le montagne sembrano più vicine. E c’è una fila lunghissima fuori dal Museo Egizio. L’hanno ristrutturato, ampliato, ripensato, non possiamo mancare. Ma c’è la fila. Lunghissima. E piove. E lasciare l’ombrello al guardaroba è obbligatorio e a pagamento. E a tutti tutti tutti danno una rumorosissima audioguida che io non riesco neanche ad usare. E poi anche chissenefrega, ci sono le mummie, è una figata. 

Lunedì.
Arte Transitiva - Stalker Teatro
Ci risvegliamo in un sottotetto pensato per gli amori clandestini. 
Un lettone, il soffitto basso che tanto in piedi non ci devi stare, una macchinetta del caffè, candele candele candele. Dal lucernario scrutiamo i comignoli della città. E comunque il Po non si vede. 
Oggi la scaletta dell’Incontro Nazionale delle Residenze Artistiche prevede una gita negli spazi - incredibili e tutti sotto una chiesa - di Stalker Teatro, poi convegno e cena alla Lavanderia a Vapore, spazio residenziale e di spettacolo dedicato alla danza e gestito da Piemonte dal Vivo.
Si parla di esperienze di residenza virtuose in Italia e all’estero, si parla di relazioni con i territori e di tutela del percorso di ricerca degli artisti. Ma soprattutto si pasteggia a battuta di fassone.

Martedì.
Colazione da Venier, in Via Monte di Pietà 22. I croissants al cioccolato sono lussuriosi, i cappuccini di soia hanno una schiuma morbida e le boisereies incorniciano cioccolatini e biscotti su cui vorremmo soffermarci, se non fossimo già in ritardo. 
Il Teatro Carignano
Ci aspettano al Teatro Carignano per le buone pratiche (e le buone idee) europee, le reti, i bandi, i progetti, le direttive nazionali e le testimonianze di artisti e curatori.
Dentro la scenografia di uno spettacolo. Con un teatro meraviglioso intorno. 
È difficile rimanere concentrati oggi, c’è oro dappertutto. Il pomeriggio ci spostiamo al Circolo dei Lettori
Ieri sera la fila era qui, per Don De Lillo. E più tardi c’è un incontro con Guido Crainz, il mio storico preferito di sempre: voglio trasferirmici immediatamente.
Il pranzo non può che ospitarlo la Taberna Libraria in via Bovino. Lì accanto per i gattari c'è Neko Cat, ma da allergica me ne tengo alla larga.
Ah, il Po continua a nascondersi.

Saturday, October 08, 2016

Materia Oscura

«È una situazione alquanto imbarazzante dover ammettere che non riusciamo a trovare il 90% [della materia] dell'Universo.»
Bruce H. Margon, astrofisico all’Università di Seattle.

Materia Oscura è un’ossessione.
Materia Oscura è un problema.
Materia Oscura è una ricerca.
Materia Oscura è una vertigine.
La materia oscura è un’ipotesi, la speranza che l’universo come lo conosciamo sia pieno di qualcosa che non vediamo, ma che fa sì che l’universo abbia questa forma e questa età.
È il tentativo positivista dell'Uomo di disegnare l'universo a propria immagine e somiglianza. La materia oscura non emette radiazione elettromagnetica, non riflette la luce, non reagisce agli stimoli. La immaginiamo solo in base agli effetti gravitazionali che potrebbe esercitare sulla materia visibile. La materia oscura è ciò che vorremmo ci fosse e che non sappiamo se c’è.
E se c’è e poi ci fa male?
Materia Oscura è un progetto di ricerca drammaturgica, una speranza di incontro e condivisione tra autori teatrali che vogliano confrontarsi con la materia oscura del presente - con i suoi aspetti nascosti, o non detti, o che si preferisce solo ipotizzare -  a partire dal titolo della Stagione 2016/17 di Teatro I: “SENZ'ALTRO CONTESTO”.
Materia Oscura è un percorso che si avvarrà della partecipazione di esperti afferenti al mondo della società, dei media, dell'arte, della scienza, della filosofia. Materia Oscura sarà aperto al pubblico. Sempre. Materia Oscura potrebbe avere un esito finale, anche se al momento ci è sconosciuto. È una materia informe, indefinibile, invisibile.

E se poi ci fa male? E se poi non è teatro? E se poi non è testo? E se poi non siamo noi?


Materia Oscura - esperimenti di Drammaturgia Contemporanea
Francesca Garolla (Teatro I), Chiara Boscaro e Marco Di Stefano (La Confraternita del Chianti) da Gennaio 2017 coordineranno a Milano un gruppo di autori nel tentativo di realizzare un'indagine condivisa sui temi della stagione 2016/17 di Teatro I. Un focus per cui la drammaturgia non sarà solo scrittura ma riflessione.

p.s. Lo sappiamo che qui non si parla di turismo, né di bettole, né di tournée. Ma vi promettiamo solennemente una ricognizione delle osterie in zona Ticinese!

Thursday, September 29, 2016

Pessano con Bornago

di Chiara Boscaro


Dopo le capitali europee e i luoghi di villeggiatura, un posto che abbiamo imparato a chiamare casa. Pessano con Bornago, 9000 anime a qualche chilometro da Milano, in fondo al serpentone della linea verde della metropolitana, tra campi e acque e cascine e la Fondazione Don Gnocchi. A Pessano con Bornago, da un anno e mezzo, c’è qualcosa di nuovo. Quel qualcosa siamo noi, che abbiamo avuto in affidamento una meravigliosa ex-filanda per farne uno spazio teatrale, una residenza artistica riconosciuta da Regione Lombardia e Mibact, un luogo pieno di luce, con grandi vetrate ad arco, da restituire alla comunità attraverso spettacoli, concerti, laboratori, feste per grandi e piccoli. Sabato 1 ottobre a Manifattura K. (questo è il suo nome) presenteremo la seconda stagione teatrale curata da Associazione K. e in particolare dalla sottoscritta e dal Confratello Marco Di Stefano. 

Ma il post non è destinato a svelare i grandi nomi in cartellone, né a raccontarvi perché, dopo le "Radici" e gli "Innesti" di agraria memoria, abbiamo deciso di dedicare questa stagione ai "Germogli" che stanno crescendo nella ex-filanda. 
Noi lo sappiamo cosa vi interessa, vi abbiamo abituati bene. E sì, anche a Pessano con Bornago abbiamo trovato il modo di soddisfare il difficile palato del Confratello Marco (e il vostro, di conseguenza). Siete pronti a scoprire i suoi segreti?
Cominciamo con la Trattoria del Pich, cucina a km 0 con menù calmierato a pranzo (la sera aprono su richiesta). C’è Fulvio con gelati pensati anche per celiaci e allergici vari (e qui quella felice sono io) ma soprattutto il cioccolato fondente. IL CIOCCOLATO FONDENTE. IL CIOCCOLATO FONDENTE. E, se non si fosse capito, IL CIOCCOLATO FONDENTE. Ottimi e ricercati sono anche i prodotti del Panificio Bertelli, dove il pane lo fanno con l'amore e i semi antichi. 

Pessano con Bornago, come si può dedurre dal nome, è il felice frutto dell’unione di due paesi, ma a caratterizzarlo tuttora è l'anima duplice. Duplici sono i forni, le chiese, le gelaterie, i market, le cartolerie… mentre tanti tanti e inspiegabilmente diffusi (per noi) sono i parrucchieri. 
Da consigliare è una passeggiata per Bornago, tra le chiese, la Latteria, la Villa e il Parco Prinetti. E, se si dispone di una bicicletta, c’è il Parco del Molgora. 
Due appuntamenti che durante l’anno richiamano parecchi curiosi sono la Fiera di Santa Apollonia, all'inizio di febbraio, e Cascinando (a settembre) un weekend alla Cascina Bosco con bambini, animali, cose buone da mangiare, musica e spettacoli. 
E poi, ovviamente, c’è Manifattura K. 
Vi aspettiamo sabato sera! La bella stagione sta per cominciare!

Info: 
www.manifatturak.it
info@manifatturak.it 
3283611642

Come raggiungerci:
Siamo a Pessano con Bornago (Mi) in Piazza della Resistenza.
E abbiamo pure il parcheggio.



Wednesday, September 14, 2016

Compiti delle vacanze. Museo Cervi

di Diego Runko

Prologo 
Il 18 novembre 2015 al Teatro Verdi di Milano, in coproduzione con il Dramma Italiano di Fiume - Teatro Nazionale Croato Ivan de Zajc, debutta il secondo spettacolo del nostro Progetto PentateucoEsodo – che tratta dell’esodo degli italiani dall’Istria dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale. Quella sera tra il pubblico c’è anche Damiano Pignedoli, critico attento e curioso del nostro lavoro e amico ormai storico della Confraternita che, durante il solito post spettacolo gioviale, e soprattutto conviviale, tra la seconda e la terza birra ci dice: “Questo spettacolo dovete mandarlo al Cervi!”.

Prefazione
Il “Cervi” altro non è che il famoso Premio che, giunto ormai alla quindicesima edizione, assegna a diverse compagnie sostegni economici che, di questi tempi, come sappiamo, sono fondamentali. 
Il Premio si svolge presso il Museo Cervi, nel cortile della casa colonica abitata dai sette fratelli Cervi - Gelindo, Antenore, Aldo, Ferdinando, Agostino, Ovidio, Ettore – fucilati il 28 dicembre 1943 dai fascisti.
Il Festival.
Se volete saperne di più, leggete il libro di Alcide Cervi: “I miei sette figli”, oppure quello di Adelmo Cervi: “Io che conosco il tuo cuore”, oppure vedetevi il film “I sette fratelli Cervi” di Gianni Puccini oppure ancora ascoltate la canzone “La pianura dei sette fratelli” dei Gang o “Sette fratelli” dei Mercanti di Liquore e Marco Paolini.

Capitolo Iniziale
Dopo una breve dissertazione di compagnia del tipo: “Lo mando io o lo mandi tu?”, tocca a me spedire il plico contenente il materiale del nostro spettacolo per candidarci al XV Festival Teatrale di Resistenza – Premio Museo Cervi – Teatro per la Memoria.
Da bando risulta che verranno selezionati 7 spettacoli per la rassegna.
Questi sette spettacoli verranno presentati tutti presso il Museo Cervi e una giuria di esperti premierà poi lo spettacolo vincitore.
Più di così, per ora, non possiamo fare.

Capitolo della prima chiamata
Siamo ormai a maggio. Io sto finendo di rendere la vita complicata a Giulia che si sta occupando dell’organizzazione del nostro matrimonio, da svolgersi a giugno, quando, una mattina, subito dopo essermi svegliato, ricevo una telefonata.
La responsabile del progetto per l’Istituto Cervi ci informa che siamo stati selezionati per la rassegna.
Faccio sette salti mortali metaforici di entusiasmo mentre sono al telefono e le rispondo che a breve le comunicheremo la data in cui siamo disponibili per lo spettacolo.
Chiamo Marco e Chiara per comunicargli quanto appreso, saltelliamo metaforicamente in preda all’entusiasmo per qualche minuto e poi scegliamo la data dello spettacolo: 14 luglio.
La presa della Bastiglia.
Che sia di buon auspicio.

Capitolo del 14 luglio
Io, Marco e Chiara carichiamo la macchina con la scenografia dello spettacolo e partiamo per Parma.
No, non abbiamo sbagliato strada.
A Parma ci raggiunge Giulia, consorella incinta al settimo mese nonché, ormai, mia moglie e partiamo per Gattatico, paese ove ha sede il Museo.
Arriviamo con agio, montiamo, parliamo e conosciamo gli organizzatori.
Abbiamo anche tempo di visitare il Museo. Bellissimo e commovente. Un pezzo di Storia, quella con la S maiuscola, che ti accoglie suscitando un’emozione unica.
La Pastasciutta Antifascista.
Mi permetto di consigliarvi il bellissimo filmato sui fratelli che si può vedere al primo piano della casa. Sia per il filmato, sia per la sala dove viene proiettato, sia per il modo in cui viene proiettato. Non ve lo dimenticherete.
21:15. 
Salgo sul palco e inizio a raccontare la storia di Rudi. Da Rudi.
Di quella sera ricordo la brezza mentre recito sul palco all’aperto, il sold out del pubblico che presto si trasforma in overbooking e vengono aggiunte delle sedie, le facce delle persone che piangono e ridono insieme a me, Rudi, Jakov, Winston, Don Zeljko e Gildo (i personaggi dello spettacolo), l’entusiasmo dei confratelli da sotto il palco e sul tavolo della regia (nel frattempo ci ha raggiunti anche il confratello Marco Pezza), la sensazione strana e unica che, seppure nella pancia della mamma, mia figlia stia assistendo per la prima volta a un mio spettacolo.
E ricordo l’applauso e il calore del pubblico alla fine.
Di quella sera ricordo anche un aneddoto. Prima dello spettacolo mi avvicina un signore e si presenta. E’ Adelmo Cervi, figlio di Aldo, uno dei sette fratelli. Adelmo mi chiede una sigaretta vedendo che ho un pacchetto in mano ma gli dico che mi servono per lo spettacolo. Subito dopo commenta la frase con cui inizia lo spettacolo tratta dall’Esodo biblico: “... a me non mi piacciono mica gli spettacoli sulla religione, ma rimango, tranquillo che rimango, io me li vedo tutti...”
Alla fine dello spettacolo Adelmo è la prima persona a corrermi incontro quando scendo dal palco. Appena lo vedo gli porgo la sigaretta. 
Più tardi mi regalerà il libro che ha scritto con un giornalista: “Io che conosco il tuo cuore”, con questa dedica: “Al Compagno Diego. Grazie per il tuo spettacolo a casa Cervi. Adelmo”.
Qualsiasi parola sarebbe di troppo. Sono felice.


Capitolo della seconda chiamata
E’ il giorno che segue l’andata in scena dell’ultimo spettacolo della rassegna. 
Oggi dovrebbero chiamare per comunicare chi ha vinto.
Ci chiamano.
Abbiamo vinto.

Capitolo della Pastasciutta Antifascista
Siamo seduti insieme a migliaia di persone sulla panche dietro a casa Cervi.
Siamo seduti a mangiare gnocco fritto, salumi, formaggi e a bere birra. 
La pastasciutta al ragù la servono dopo.
Beviamo birra.
Poco dopo ci invitano sul palco per annunciare, davanti a migliaia di persone, che abbiamo vinto il primo premio.
Damiano, Chiara, Marco, Diego.
E’ la nostra Woodstock. In un posto più importante, più bello e più emozionante di Woodstock.
Marco chiude il cerchio dal palco ringraziando Damiano per averci detto di partecipare.
E’ vero. 
L’importante è partecipare.
Ma anche vincere ha il suo fascino.

Capitolo finale
Non ci sarà. Noi alla Pastasciutta Antifascista ci torniamo. 
Un posto che ti ricorda i valori in cui credi vale molto di più di un premio.

Monday, August 29, 2016

Compiti delle vacanze. Barcellona

Ajuntament
Quello che dice Chiara:
Prima volta a Barcellona. Qualsiasi cosa accada, non devo dire “Yo no hablo español”. Qui devo dire “Yo no hablo castellano”. Che tanto parlano catalano e non capisco nulla di quello che dicono, ma almeno non si offendono. Però mi piace quando mettono l’articolo davanti ai nomi propri, mi fa sentire a casa. Dicono “La Chiara” proprio come mia nonna. Mi piace andare in spiaggia con la metropolitana, mi piacciono le persone in metropolitana con le infradito e l’ombrellone in spalla. Mi piacciono un po’ meno le file davanti a tutto ciò che abbia “Gaudì” nel nome. È una città in rapida trasformazione, che subisce il boom del turismo con il timore di rimanerne snaturata. È una città accogliente, lo dimostrano il Progetto Barcellona Città Rifugio e il patto di collaborazione tra la prima cittadina Ada Colau e i sindaci di Lampedusa e Lesbo per far fronte all’integrazione dei migranti. Siamo qui per questo, in residenza di studio in preparazione di NUMERI pentateuco #4. A darci un tetto (e molto di più) è la NAU IVANOW, una “fàbrica de creació”, una residenza per artisti che ospita e coproduce anche il Festival de dramatúrgia sobre la crisi PIIGS. Il 21 luglio a PIIGS debutta il nostro testo 07.09.2012, insieme ai lavori di altri tre autori europei. Ma tra una sessione di scrittura, una mostra sulle riviste degli esuli catalani in Sudamerica (alla Biblioteca Nacional de Catalunya, fornita di meraviglioso bar in giardino) e un giro di esplorazione a Raval, Marco riesce a condurmi in pellegrinaggio in tutti i bar, bettole, friggitorie della sua città preferita. 

Eccone una piccola selezione:
La Xampanyeria a Barcelloneta.
Un altro paio di bar/friggitorie di Barcelloneta.
La Paradeta al Born.
Can Eusebio.
Almeno altri tre posti a Poblesec.
Ancora La Xampanyeria (che fondamentalmente è un’esperienza mistica a base di panini mangiati in piedi innaffiati da bottiglie e bottiglie di champagne).

Quello che dice Marco:
È vero,  Barcellona è la mia città preferita.
Teatralmente e culturalmente molto vivace, accogliente e cosmopolita, antica e moderna allo stesso tempo. E poi c'è il mare.
07.09.2012 - La Ruta 40
Ogni volta che posso scappo a Barcellona. Questa volta sono qui per lavoro e la cosa mi piace moltissimo.
La Nau Ivanow è un posto magico e David, Nando, Eugenia e Roger sanno come farti sentire a casa. La residenza va molto bene, ci piace stare qui. E poi c'è il debutto catalano di 07.09.2012 per il festival PIIGS, inserito nel più grande Festival Grec che anima la città per tutto il mese di luglio. Insieme a noi altri tre autori e i loro testi: la finlandese Aino Kivi con Kari Grandi – My Brother the Hero, il bulgaro Yasen Vasilev con Ishmael e la greca Christina Kyriazidi con Les Muéts / The Mutes. Sul blog in genere ci limitiamo a parlare dei posti che vediamo tralasciando l'aspetto lavorativo, ma questa volta mi permetto di dire che è stato fantastico fare questo festival. Qualità dei testi molto alta, pubblico attento e attori capaci, il tutto accompagnato da fiumi di birra e un clima informale e disteso.  Il minimo è ringraziare chi ha organizzato il festival: Antonio Morcillo Lopez, Rosa Moliné Boixareu, Beatriz Liebe Masferrer, Bea Insa, Juan Zapata, Arnau Marin. E naturalmente ringraziamo Alberto Diaz e Laura Pujolàs della compagnia La Ruta 40, che hanno messo in scena il nostro testo, e Carles Fernàndez Giua, che l'ha tradotto. Spero di rivedervi presto, gente!
Torniamo alla città.
Per Chiara è la prima volta a Barcellona, quindi mi assumo la responsabilità di farle da guida turistica nelle pause. La porto nei miei posti preferiti: Barrio Gotico, Montjuic e – soprattutto – Parc Guell.
E qui abbiamo la prima brutta sorpresa: l'area monumentale di Parc Guell è diventata a pagamento (!) e con ingressi limitati. Non c'è modo di entrare... La guardiamo da fuori.
È solo l'inizio di una serie di piccole “delusioni”: la città è sempre stata meta di vacanze, ma rispetto a pochi anni fa l'aspetto turistico è diventato preponderante. Purtroppo.
Institut del Teatre
Ho trovato una città diversa, in qualche modo peggiorata. Alcuni abitanti con i quali parliamo ci dicono che ormai “Barcellona pensa solo ai soldi”.
Eppure, nonostante questo, io continuo ad amare follemente questa città: la sua gente, le sue strade sporche, la sua metropolitana, i suoi locali.
Per fortuna a Barcellona alcune cose non cambiano mai. Chiara ha già scritto della Xampanyeria, io mi limito a dirvi: “Andateci!”. A meno che non siate vegani, andateci.
Fate una passeggiata dal Padiglione Mies Van Der Rohe al Teatre Lliure, fermatevi a mangiare qualcosa in un bar di Poble Sec, visitate la Cattedrale senza dimenticarvi di passare a salutare le Oche nel chiostro.
Andate alla Boqueria la mattina presto, prima che arrivino i turisti, e la sera tardi concedetevi una ultima birra in Plaza Masadas. Ecco che Barcellona, nonostante i turisti, vi apparirà per quello che è: uno dei posti più belli del mondo.
Ah, un ultimo consiglio: non ordinate mai della Sangria. Fidatevi.

Thursday, May 05, 2016

Londra.

di Chiara Boscaro

Piove. C’è il sole. Si rannuvola. Sale il vento. Sale la nebbia. Pioviggina. Grandina. Piove col vento. Fa freddo. Almeno quindici gradi meno che a Milano. Ma ci siamo attrezzati, abbiamo tirato fuori sciarpa, cappotto e ombrello, ed eccoci qui. A Londra.
Marco a Draper Hall.
Abbiamo deciso di arrivarci in treno. Sono undici ore, con pausa per un croissant a Parigi. Volevamo vedere Calais, volevamo vedere il filo spinato, e il filo spinato c’è, chilometri di filo spinato. Ci controllano i documenti parecchie volte, pare di essere tornati ai tempi delle frontiere. E poi il tunnel finisce e ci troviamo a Londra. St. Pancras Station. Bellissima, gotica, accanto a un’altra stazione,  King’s Cross, accanto a un Mc Donald’s, a uno Starbucks (facciamo tre), a un ristorante turco e a un ristorante cinese… come tutto, a Londra. Orientarsi sarà più difficile del previsto.
Fa freddo, e sappiamo già che non avremo il tempo per fare tutto quello che vorremmo fare in questa città spropositata. Dobbiamo incontrare delle persone, la scusa è il lavoro. Dobbiamo visitare Draper Hall, un posto bello che sta diventando un polo culturale ed artistico per un quartiere cosmopolita e sfaccettato, e ci troviamo coinvolti nel primo barbecue della stagione, insieme ai bambini dell’Accademia di Cinema di cui si festeggiano gli elaborati finali. C’è anche il sindaco, ma non è proprio il sindaco, ed è vestita come le maschere del Teatro alla Scala. Ah, per la prima volta, c’è sole per un intero pomeriggio. Draper Hall e la Infallible London saranno nostri partner nella produzione di DEUTERONOMIO pentateuco #5, cosa che ci rende molto molto orgogliosi.
A Londra costa tutto troppo. Stanno gentrificando la città, dicono i Londoners, e in più per noi il cambio è nettamente sfavorevole. Costano i mezzi pubblici, ma arrivano dovunque a qualsiasi ora, e ci sono i bus rossi a due piani che sogniamo da quando eravamo bambini. Costa entrare nelle chiese, e la cosa ci infastidisce un po’, ma non costa nulla visitare i musei e ne approfittiamo: Tate Gallery, British Museum, Sir John Soane’s Museum, Hunterian Museum (per gli stomaci più solidi)…
Il bisnonno.
Una tappa di obbligato e religioso silenzio merita Highgate Cemetery e la tomba del bisnonno Karl Marx. Nota archivistica. Intorno al suo testone, è tutto un quartierino di oppositori politici, compagni, matrone socialiste e attivisti per i diritti civili. Ci chiediamo il perché, ma in fondo è un criterio come un altro. Come l’ordine alfabetico, o il tipo di lapide. Angeli in ginocchio da una parte, angeli in piedi dall’altra. Highgate è un racconto malinconico, con la sua casualità vittoriana e i suoi fiori testardamente spontanei. La zona est è ancora più selvaggia, ma è accessibile solo con una guida. C’è il rischio di perdersi.
Commettendo un madornale errore, proviamo a immergerci nella folla domenicale di Camden. Ma è un madornale errore, appunto. Si può mangiare cibo di strada di qualsiasi Paese, è vero, ma lo si può fare anche nel resto della città. Ristoranti indiani, kebabbari, pizzerie, greci, messicani, brasiliani, carni argentine, vegani, vegetariani, ortoressici, pasticcerie, caffetterie, diner, pare che qui si mangi e basta.
Chicche gustose ed economiche che ci hanno consigliato i Londoners:
Chiara e Stefania davanti a Wong Kei.
WONG KEI, a Wardour Street (Piccadilly Circus). Una specie di mensa cinese su tre piani. All’ingresso, il boss fa solo un gesto. Dito su, si mangia upstairs. Dito giù, downstairs. Attenzione, accettano solo contanti.
SUTTON and SONS (ce ne sono tre, noi abbiamo provato quello di Stoke Newington). Tre parole: FISH-AND-CHIPS.
A pochi passi, anche il CORNER + del Mostart Center, che ci ha regalato una colazione domenicale di uova e di coccole.
Ovviamente, siamo andati a teatro. A Londra ce ne sono a centinaia, da quelli enormi che fanno musical trentennali ai pub theatre. Al National Theatre, forse il più enorme, abbiamo visto “Les Blancs-The Whites”, mentre ci siamo persi quello che pare essere lo spettacolo della stagione, “People, places and things” al Wyndham’s Theatre.

E poi... 
E poi piove.

Sunday, March 27, 2016

Milano, quartiere Isola

di Chiara Boscaro
Sono due anni che giriamo l’Europa con i vari pezzetti del Progetto Pentateuco, e non ci siamo ancora presi il tempo per una passeggiata nel quartiere del teatro che ci ospita a Milano? 
La sala del Teatro Verdi.
Imperdonabile. Quindi eccoci qui. All’Isola. 
Quartiere popolare, che doveva diventare il quartiere della moda, e poi forse no. Che c’era il bosco di Gioia cantato dagli Elii, e poi non c’è più, ma c’è un bosco verticale, che poi in realtà sono due grattacieli. 
Le vie di accesso sono diverse (ora pure la Metro Lilla), ma la più suggestiva è il sottopasso di Via Pepe dalla stazione Garibaldi. L’Isola si chiama così, pare, perché quando hanno costruito la stazione Garibaldi il quartiere è rimasto isolato. E preservato. A vedere le case di ringhiera degli anni ’30 accanto ai nuovi palazzoni di Porta Nuova, la sensazione è quella. 
Il quartiere è vissuto e vivace, pieno di associazioni e librerie. C’è la Casa della Memoria, una ex-fonderia di campane che risale a Napoleone (Fonderia Napoleonica Eugenia), un museo della macchina da scrivere e il cinquecentesco chiostro di Santa Maria alla Fontana. Il mercato è il martedì e il sabato, e sa regalare sorprese a chi ha la pazienza di scavare tra le bancarelle di stock e abiti usati.
Santa Maria alla Fontana.
E i teatri? Sono quattro. Il Teatro Sala Fontana, Isolacasateatro, Zona K e poi c'è lui, il Teatro Verdi, che ospita tutto il Progetto Pentateuco. Sala del 1913, con stucchi e fregi liberty, pare che in origine ci suonasse l’ensemble da camera del Teatro alla Scala, mentre oggi la programmazione del Teatro del Buratto raccoglie perle del teatro ragazzi e del teatro di figura e animazione (Festival IF) e cose come il nostro LEVITICO pentateuco #3, che debutta venerdì (31 marzo-3 aprile). 
Ma veniamo alle cose importanti. Che si mangia all’Isola? A pranzo gli indirizzi sono due: il Vivà di via Borsieri, frequentato da ferrovieri e altri amanti della pasta e ceci, e L’Isola del Gusto in Via Jacopo dal Verme, ristorante gestito da cinesi che offre un menù italiano di pesce (freschissimo, il menù varia in base alla spesa del giorno). Per la sera - ma non solo - c’è l’Osteria dei Vecchi Sapori in via Borsieri. Il gelato è quello di Artico di Via Porro Lambertenghi (meraviglioso il pistacchio salato), e pullulano i locali per l’aperitivo e la notte. Segnaliamo il Frida, con un pergolato perfetto per le prime uscite primaverili, e Posto Unico (proprio accanto al Teatro Verdi). Per gli amanti della buona musica, imprescindibile è lo storico Blue Note. E ci sarebbero le gallerie d'arte, le botteghe artigiane...
Varrebbe la pena di farci un giretto, no?

Thursday, March 10, 2016

Svezia - un diario di bordo

Marco P. - LEVITICO pentateuco #3
“Andiamo in Svezia”
“A fare che?”
“Una residenza produttiva. Abbiamo un budget!!”
“Hai detto “budget”?!?!?!!?”
(seguono lacrime di commozione)
Un taxi. Un bus. Un aereo. Un treno che attraversa il mare. Un altro bus. Un bus ancora. Una macchina. (Nota a margine. Qui il biglietto si fa direttamente sui mezzi, e si paga SOLO col bancomat. Nella moneta più comoda. Con lo scontrino.)
Ci siamo.
Lì dove le cose si fanno perbene.
La Svezia.
(…)
Per il prossimo anno La Confraternita del Chianti ha deciso di concedersi il lusso di un progetto, un vero progetto, con addentellati, ricadute, premesse e tutti gli orpelli del caso. Ma prima di affrontarlo abbiamo bisogno di qualche dritta. Abbiamo in cantiere cinque monologhi diversi, con cinque attori diversi, a partire dai cinque diversi libri del Pentateuco. Vogliamo lavorare sulle migrazioni, partendo dal più famoso materiale  mai scritto sull’argomento, sentiamo il bisogno di capire i diversi aspetti di questo tema “di cronaca” che è profondamente complesso e rivendica il diritto ad essere affrontato con un approccio aperto alla complessità.
La prima cosa che decidiamo di fare per lavorare sulla migrazione e sullo statuto di straniero è affrontare una migrazione noi stessi. Come ci si sente, ad essere gli stranieri, per una volta?
E beh, a Gunnarp forse ci si sente anche troppo bene. Il posto è una ex-scuola in mezzo al nulla dei boschi, trasformata in casa di una compagnia, Teater Albatross, che lavora qui da 25 anni. Ci sono una quindicina di stanze da letto, le locandine dell’Odin Teatret, un museo, una sala prove, un teatro, gli idoli congolesi, la sauna e le scenografie dei vecchi spettacoli parcheggiate in giardino. La regina della casa, Ellinor, ci accoglie con senso di sfida: riuscirà a soddisfare i nostri appetiti culinari? Robert e tutti i collaboratori di Teater Albatross ci accolgono come una famiglia. Le ore di sole sono 20 al giorno. E fa quasi caldo.
(…)
Siamo qui a produrre LEVITICO, la terza tappa del Progetto Pentateuco (e che noi proviamo per prima… n.d.r. debutta il 31 Marzo 2016 a Milano, al Teatro Verdi). Lavoriamo sulle regole, sulla disciplina, e qui le regole sono ferree:
–       Se apri una finestra devi bloccarla con il ferretto, se no sbatte e si rompe.
–       Quando ti servi dalla ciotola comunitaria devi usare il cucchiaio comunitario e non il tuo (indovinate a chi l’hanno fatto notare…).
–       Il wc è in uno stanzino apposito molto bello, con quadri e tendine alla finestra. Il lavandino è pubblico, e in pubblico ci si lava.
–       In casa si sta scalzi.
–       Fuori casa si può andare dappertutto, anche nei campi recintati. L’unica proprietà inviolabile sono i giardini delle case, quelli con l’aggeggio automatico che ci pascola dentro e taglia l’erba ad altezza campo da golf.
–       Ai mondiali si tifano solo le squadre africane.
–       Quando uno starnutisce, non si dice “salute”. Non si dice proprio niente.
(…)
Questo posto mi mancherà.
Non so per quale ragione. Di sicuro per la gente, che ci ha accolto a braccia aperte. Per il lago. La sauna. Il silenzio durante il lavoro.
Ma devo ammettere che qui mi è successo qualcosa. La cultura positivista della quale parla Marco P. si è rivelata a me in tutta la sua fragilità. Saranno stati i boschi o l’avvicinarsi inesorabile del raduno sciamanico, non so.
Fatto sta che mi sono rivisto tutte le puntate di TWIN PEAKS.
Fuoco cammina con me.
(…)
Domani si va a Stoccolma. Abbiamo bisogno di una dose di città? Io non tanto, ma i miei compagni di viaggio avvertono l’esigenza di un bella birra fresca e la visita a un museo. Non posso biasimarli. Il troppo relax a volte è nocivo.
Una rospa o un rospo, non siamo sicuri della sua identità, viene a trovarci di sera, forse vuole un bacio ma nessuno di noi si arrischia a scoprire se si tratta di un principe o una principessa.
Grazie, arrivederci Tokalynga!
(…)
Stoccolma
Ora siamo a Stoccolma. Considerazioni accidentali:
ci sono meno mucche che a Tokalynga,
non si capisce dove è mare e dove è lago o fiume, ovunque facciamo il bagno l’acqua è dolce,
al supermercato l’alcolico più pesante fa 3,5 gradi,
non sappiamo come si chiamano gli abitanti di Stoccolma (Stoccolmiti? Stoccolmesi? Stoccolmani?), ma tanto sono tutti in vacanza e non c’è nessuno da offendere,
gli abitanti di Stoccolma che non sono in vacanza sono coppie giovani e bionde con almeno tre figli a carico,
al cambio della guardia, davanti al Palazzo Reale, la banda militare suona “O sole mio”,
il Dramaten, il loro equivalente del Piccolo Teatro, in questo momento ha in cartellone uno spettacolo che si intitola Carolus Rex, “a grandiloquent roadtrip about one of Sweden’s most legendary rulers. An epic historical biographical fantasy with elements of action film, rock opera, costume drama and warmongering”,
qui lo Stato è molto presente, le tasse sono alte, tutti le pagano felicemente e un teatro “piccolo” di Stoccolma riceve 21 milioni di euro di finanziamenti pubblici all’anno.
(…)

Si ringraziano ÊTRE associazione e CREATIVE CAST AWAY-WALKING ON THE MOON per il prestito.

Wednesday, February 17, 2016

ESPERANTO

di Chiara Boscaro
Esperanto non è il nome di una città esotica, ma di sicuro è un luogo dell’anima. È una lingua pianificata, creata a fine ‘800 dall’oftalmologo polacco Ludwik Lejzer Zamenhof. L’idea è geniale e nasce dalla necessità di far dialogare tutti i popoli del mondo, e di trovare una lingua comune che non privilegi nessuno. Ecco quindi la Internacia Lingvo, la lingua della pace e della fratellanza, una lingua seconda per tutti -  volutamente - e dalla grammatica semplice e priva di eccezioni. Oggi si parla Esperanto in 120 Paesi del mondo, la sezione di Wikipedia in Esperanto comprende 186 mila voci e se uno volesse approcciarvisi, basta dare un’occhiata al sito www.esperanto.it.
Esistono corsi gratuiti frontali e corsi online, e ogni anno si organizzano congressi nazionali e internazionali in cui è possibile assistere a incontri, spettacoli, letture… o semplicemente scambiare quattro chiacchiere. 
Qualcuno dice che l’Esperanto abbia fallito nel suo intento, soppiantato dall'Inglese, qualcuno dice che comunque è più parlato di certe lingue naturali particolarmente sfortunate, qualcuno dice che internet lo salverà (leggi qui).
GENESI pentateuco #1
Noi della Confraternita non siamo forse esperantisti diplomati, ma da un anno il nostro percorso è accompagnato da questa lingua geniale.  Lavorando a GENESI pentateuco #1, il primo capitolo del nostro progetto Pentateuco, ci siamo accorti che ci serviva una lingua che fosse altra per tutti, noi, il pubblico, la Consorella attrice Valeria Sara Costantin. E poi l’abbiamo trovata. Una lingua che potesse costituire un ostacolo ma non un nemico. Doveva essere la lingua di una metropoli, di una novella Babele, doveva essere una lingua condivisa tra gli abitanti di questa proteiforme città, ma totalmente ignota alla protagonista della nostra storia, una donna che molla tutto, terra d’origine, famiglia, passato, e sceglie il proprio posto in un mondo diverso, strano, che pare ostile ma forse non lo è, una terra senza odore che possa dare i natali alla creatura che porta in grembo.
La lingua di Babele doveva essere l’Esperanto.
A quel punto bastava impararlo, no?
Ecco.
Appunto.
Meno male che abbiamo trovato il Circolo Esperantista Milanese.
Senza di loro, oggi “GENESI pentateuco #1” non esisterebbe.
A proposito, mercoledì 17 febbraio e giovedì 18 febbraio (oggi e domani) potete vederlo allo Spazio Teatro NO’HMA Teresa Pomodoro di via Orcagna 2 a Milano, in occasione del Premio Internazionale “Il Teatro Nudo” di Teresa Pomodoro. L’ingresso è gratuito, ma è obbligatorio prenotare (tel. 0245385085/0226688369, mail nohma@nohma.it).
A proposito ancora, se l’idea vi stuzzica e volete sentire masticare un altro po’ di Esperanto alla consorella Valeria, cercatela alla Fondazione Prada. Fino al 24 Aprile la trovate lì tutti i sabati e le domeniche alle 17, dentro  - ma proprio dentro - la mostra di Goshka Macuga, alle prese con le pietre miliari della cultura umana tradotte nella Internacia Lingvo.
Ĉu vi komprenas?