Thursday, December 31, 2015

Budapest


di Chiara Boscaro

Vabbè. A Budapest ci siamo stati a Novembre, ma stavano montando i mercatini di Natale e quindi tecnicamente siamo ancora nella stagione giusta.
A Budapest ci siamo andati per gli IETM (ne avevamo già parlato qui) e all’inizio eravamo un po’ tra il curioso e il timoroso. C’era l’articolo di Repubblica sui campi di addestramento militare per gli adolescenti, c’erano le immagini degli aspiranti rifugiati siriani nelle stazioni, in attesa di treni diretti chissà dove… e il board degli IETM che chiede di organizzare il meeting qui perché effettivamente qualche problema con la libertà di espressione comincia ad esserci… ma non è censura, no, semplicemente ti tagliano i fondi…
A Budapest arriviamo con qualche pregiudizio, ci aspettiamo delle cose, ma è una città totalmente inaspettata. Ha la metropolitana più antica dell’Europa continentale, il Governo ha fatto sparire gran parte delle vestigia sovietiche (raccolte ora in un Memento Park) e c’è pure un monumento spontaneo a Michael Jackson di fronte all’hotel dove alloggiava di solito quando passava di qua. È piena di barboni, ma di rifugiati nemmeno l’ombra. Ci dicono che dobbiamo cercare nei corridoi chiusi delle stazioni, ci dicono che il numero dei rifugiati entrati nell’ultimo anno è anche il numero degli ungheresi che hanno lasciato il Paese nell’ultimo anno. 
Le Gellert.
Gli spettacoli che vediamo sono belli, ma parlano tutti di democrazie in fin di vita e artisti in cerca di un ruolo (non perdetevi “Lúzer” di Árpád Schilling). I teatri sono splendidi (per esempio il Trafó, www.trafo.hu), i centri sociali sono puliti e pagano l’affitto, all’Università ci sono corsi gratuiti per rifugiati e c’è un centro dedicato all’arte contemporanea a bordo di una chiatta attraccata alle sponde del Danubio. Però i nazionalisti manifestano rumorosamente per le strade (in auto) scortati dalla polizia.
E tutti, ma proprio tutti, verso sera finiscono alle terme. Noi, da bravi turisti stranieri, ci godiamo le Gellert (www.gellertbath.com, le terme liberty che ogni guida sponsorizza) e le Szechenyi (szechenyispabaths.com, più spartane e con enormi vasche di acqua calda all’aperto sotto le stelle), ma solo a Budapest gli impianti sono decine. Eredità turca. Costano un terzo delle spa italiane e sono un vero e proprio rito per gli autoctoni. Alcune aprono all’alba, altre ospitano party il sabato notte, altre hanno giorni di apertura diversificati per maschi e femmine. 
E il cibo?
Le Szechenyi
Vi consigliamo Frici Papa Kifőzdéje, in Király u. 55 (www.fricipapa.hu), ristorante ungherese popolare dai prezzi veramente competitivi. Hanno il menù in varie lingue, hanno il goulash, e vi stupirà scoprire che uno dei piatti tipici si chiama „rizibizi” (e sì, si tratta proprio dei nostri „risi e bisi”).
Anche il quartiere ebraico vale una puntata, e, nei dintorni, tutta la zona dedicata ai locali notturni.
E poi Buda. E poi i ponti. E poi il Danubio. E poi il Parlamento in stile neogotico (da cui non sventola la bandiera europea, ma quella della minoranza ungherese in Romania). E poi i palazzi in stile Liberty. E poi uno dei pochi resti sovietici, un monumento, proprio di fronte all’ambasciata americana.
E con le contraddizioni si potrebbe andare avanti.

Saturday, November 14, 2015

Dramma Italiano di Fiume: un'intervista doppia.

1. "Ciao, come ti chiami? Cosa fai? Da dove vieni, anche artisticamente?
Leonora. Sono Leonora, Leonora Surian, sono mamma di Elena, con l'accento sulla seconda E, cantante, attrice, direttrice del Dramma Italiano.
Sono nata a Fiume in Croazia, ho vissuto diversi anni in Italia dove mi sono diplomata all'accademia Silvio D'amico. Ho fatto teatro, tv, musical, ho inciso dei CD musicali e scritto un libro di barzellette sulle bionde.
Giuseppe. Sono Giuseppe Nicodemo, nato a Teglio Veneto in provincia di Venezia, ma mentalità friulana, in Italia, Italiano vero, ma non suono la chitarra, diplomato alla Nico Pepe di Udine e ora attore e braccio destro della direttrice del Dramma Italiano di Fiume.

2. Cos’è il Dramma Italiano di Fiume? Cosa significa fare teatro in italiano in Croazia?
Leonora. Il Dramma Italiano di Fiume è la compagnia stabile di prosa di lingua italiana del Teatro Nazionale Croato Ivan de Zajc di Fiume, (Hrvatsko Narodno Kazalište Ivana pl. Zajca, Rijeka), di cui fanno parte anche il Dramma Croato, l'Opera e il Balletto. È un’istituzione dell’Unione Italiana, organizzazione che riunisce e rappresenta per il Ministero degli Affari Esteri Italiano le 53 Comunità Nazionali Italiane sparse in Croazia e Slovenia, TV e Radio Capodistria, la casa editrice EDIT, le numerose scuole dell'infanzia, medie e superiori di lingua italiana, le facoltà di Italianistica.
Il compito principale del Dramma Italiano di Fiume è quello di tenere viva la cultura e la lingua italiana in una realtà linguisticamente e culturalmente a grande maggioranza croata e slovena con spettacoli e incontri a Fiume, in Istria, in Italia e in importanti festivals europei.
Fondato nel 1946, il Dramma Italiano è una Compagnia stabile professionale, l'unica italiana al di fuori dei confini nazionali, e la prima Italiana (il Piccolo Teatro di Milano è stato fondato nel '47!) che attualmente conta 12 membri di cui nove attori, e mette in scena mediamente quattro première per stagione nel Teatro Ivan de Zajc, edificio in stile Liberty decorato da preziosi stucchi dorati e che conserva pure delle tele di Klimt, edificato nel 1893, quando Fiume apparteneva quale "corpus separatum" al Regno di Ungheria all'interno dell'Impero Austroungarico.
Giuseppe. Vedi sopra.

3. Come si inserisce il Dramma Italiano di Fiume nel Teatro Nazionale Croato Ivan De Zajc?
Leonora. Il Dramma Italiano è cofondatore e parte integrante del teatro. Collaboriamo benissimo con le altre sezioni, facendo spesso dei progetti insieme.
Giuseppe. Ogni tanto ci becchiamo per avere il palcoscenico per le prove, ma ci vogliamo bene, ci diciamo buongiorno (in italiano, croato, inglese, dialetto...) e beviamo diversi caffé e/o pelinkovac insieme.

4. Come funziona il sistema teatrale in Croazia? È diverso da quello italiano?
Leonora. Il teatro è nazionale e comunale, cioè i dipendenti del teatro (più di 300!) sono comunali ed i fondi per le produzioni arrivano dallo stato croato, nel nostro caso anche dalla Slovenia e soprattutto dall'Italia.
Giuseppe. È una struttura mastodontica, una fabbrica di spettacoli teatrali, balletti, opere etc etc...

5. Ci puoi dire qualcosa sul tuo prossimo progetto? E un sogno (artistico) nel cassetto?
Leonora. Un altro bambino.
Giuseppe. Sogno? Ogni giorno lo sto realizzando andando in ufficio del teatro o a prove.

6. Com’è lavorare in un posto con il mare?
Leonora. Secondo voi?
Giuseppe. C'è sempre pesce fresco, e costa poco... e i tramonti da favola, gratis.

7. Cos’è l’Istria? Cos’è la Comunità Italiana in Istria?
Leonora. L'Istria è una regione divisa tra Slovenia e Croazia, Fiume è in un'altra regione, croata, la Litoraneo Montana. A Fiume, ma soprattutto in Istria sono presenti ancora migliaia di Italiani autoctoni.
Giuseppe. Le comunità italiane sono 53 e presenti in tutta la Croazia e Slovenia (oltre che in Montenegro) e non solo in Istria, però in Istria, tipo Alto Adige ci sono le scritte ovunque bilingui.

8. Che lingue si parlano in Istria? Come comunicano le varie comunità?
Leonora. Croato, Sloveno, Italiano, dialetto istroveneto.
Giuseppe. Le varie comunità comunicano tra di loro con un organismo che le unisce, l'Unione Italiana appunto, un deputato al parlamento croato e sloveno per la minoranza italiana, e un referente per il Ministero degli Affari Esteri Italiano che è l'Università Popolare di Trieste, più o meno...

9. Chi emigra in Croazia? Chi emigra dalla Croazia? Che cosa dice in merito, la vostra legislazione?
Leonora. Fiume è una città multietnica, punto di incontro tra varie religioni e etnie.
La crisi però ha fatto e fa in modo che molti giovani croati emigrino in altri paesi europei per lavoro, paghe e qualità di vita migliori.
Giuseppe. Io sono un emigrato dall'Italia, con il trolley, niente valigie di cartone, per realizzare il mio sogno, fare l'attore. All'inizio è stata durissima con i permessi di soggiorno e lavoro, sono persino stato in carcere un giorno per degli intoppi burocratici, ma ora che siamo in Europa è tutto più semplice.

10. Che cosa pensi dell’Italia?
Leonora. È un posto che adoro, e non solo per lo shopping e le bellissime coproduzioni che facciamo.
Giuseppe. Mi manca, tanto, ma non so se potrei vivere e avere una paga mensile come attore ed essere rispettato per il mio lavoro senza sentirmi dire: "Che lavoro fai? L'attore? Ma no, intendevo il lavoro vero!".

Tuesday, November 03, 2015

SON NATO DRIO LA RENA

di Diego Runko

La città di Pola, in Istria, sorge su sette colli.
Io sono cresciuto sul colle di Castagner, che si trova alle spalle dell’Arena. Lo hanno chiamato così perché in passato il colle era ricoperto di castagni. Una volta questo era un criterio fondamentale per stabilire la toponomastica. La stessa cosa è avvenuta anche per uno dei simboli di Pola, Scoglio Olivi, il cantiere navale, che oggi si chiama Uljanik.
L'Arena di Pola
Una cosa che forse avete notato è che ho scritto "sono cresciuto" e non "sono nato". Infatti, il destino ha voluto che nascessi a Lubiana, altra città bellissima e capitale attuale della Slovenia, dove ho trascorso i primi mesi di vita (mia mamma è slovena). Nella mia storia familiare si intrecciano tre nazioni, Italia, Croazia e Slovenia. Quando sono nato, in realtà, le ultime due erano una sola, la Jugoslavia. Detto questo, se c’è una città al mondo alla quale sicuramente mi sento di appartenere è Pola. Per usare un paragone fuori luogo, sono di Pola esattamente come Gesù era di Nazareth, pur essendo nato a Betlemme. I paragoni fuori luogo li ho sempre trovati bellissimi.
Ho vissuto a Pola fino all’inizio del nuovo Millennio. Poi mi sono trasferito a Milano.
A Pola ho frequentato prima l’asilo, poi le elementari Giuseppina Martinuzzi e infine il liceo Dante Alighieri. Tutte queste scuole le ho frequentate in lingua italiana, facendo parte della minoranza italiana, il che significa che tutte le materie erano in italiano tranne una, lingua croata. Il che, per ulteriore precisione, significa che sono bilingue.
Tutte questo per dirvi che i primi anni all’Università, a Milano, era davvero divertente per me vedere tutti stupirsi del fatto che parlassi perfettamente l’italiano.
Se avete letto con attenzione il mio percorso scolastico vi sarete sicuramente accorti che non comprende la scuola media.
Lo so cosa state pensando.
No. In Croazia non si viene promossi direttamente dalle elementari al liceo.
Il fatto è che in Croazia le elementari durano otto anni. Comprendono cioè elementari e medie.
L'Arco dei Sergi
Questo però è un post su Pola e vorrei richiamare me stesso ad attenermi al tema. Pola ha attualmente sessantamila abitanti ed è il capoluogo morale dell’Istria. Spero che se qualcuno di Pisino, capoluogo amministrativo, dovesse leggere questo post, non se la prenda più di tanto. E’ un dato di fatto. (Ed è altresì dato di fatto che i campanilismi sono il sale della terra, anche in Istria).
Se vi dovesse capitare di visitare Pola, nel malaugurato caso che, inspiegabilmente, non lo aveste ancora fatto, avrete modo di trovarvi molti monumenti romani. Prima di tutto l’Arena, l’anfiteatro romano più bello del mondo, senza ombra di dubbio. Poi il Tempio di Augusto, l’Arco dei Sergi (antica famiglia patrizia polesana), Porta Ercole (oggi ingresso del Circolo, luogo di ritrovo di tutti gli appartenenti alla minoranza italiana), Porta Gemina (oggi ingresso del Museo archeologico dell’Istria), il Foro romano, un piccolo teatro romano.  Poi vorrei segnalarvi anche il Castello, una fortezza veneziana che sovrasta le abitazioni. Potrei continuare ad elencare altro, naturalmente, ma per mia e vostra fortuna esiste Wikipedia.
Quello che su Wikipedia sicuramente non troverete è l’estasi provata nell’osservare un tramonto sul Lungomare, la serenità nel godersi una serata da soli nell’Arena (dopo aver scavalcato abusivamente i cancelli), la sorpresa nel poter andare all’avventura e fare un safari a Capo Promontore (Kamenjak), la gioia nel gustarsi una birra al Rock Caffè giocando a biliardo o ascoltando le canzoni di qualche talento locale, la felicità allo stato puro dopo una corsa nel bosco di Siana, il divertimento di una briscola al mare con gli amici parlando in dialetto, il sapore di una pizza alla pizzeria Jupiter (dove ordino sempre due birre appena arrivato perché dopo portata la pizza i camerieri vengono risucchiati in un’altra dimensione ed è impossibile richiamarli), il sapore del pesce e dei calamari in un ristorante di Stoia, il sapore dei čevapčići o di un burek (a questo proposito vi segnalo una battuta bellissima letta tempo fa: “non puoi accontentare tutti, non sei un burek”).
ESODO pentateuco #2

Sezione curiosità. Molti anni fa anche Dante dedicò dei versi a Pola, inseriti nel canto IX dell’Inferno, nella Divina Commedia: “… sì come ad Arli, ove Rodano stagna, sì come a Pola, presso del Carnaro, ch’Italia chiude e i suoi termini bagna…”.
Il titolo di questo post è tratto da una canzone popolare istriana “Vedendo te mia Rena” e il verso finale è questo: “Son nato drio la Rena e là voio morir.”

Per concludere vorrei segnalarvi un’emozione che potete ancora provare. Assistere al nostro spettacolo “ESODO pentateuco #2” seduti comodamente su una delle poltrone del bellissimo Teatro popolare istriano di Pola, a febbraio 2016.

Friday, October 09, 2015

Istria

A cavallo del confine orientale. Così ci siamo detti.
Prima Guerra, Seconda Guerra, Roma, Bisanzio, gli Asburgo, tutto.
Abbiamo un unico paletto, la riunione al Teatro Nazionale Croato di Fiume il 31 Agosto.
Ma chi è questo “noi” narrante?
Chiara Boscaro e Marco Di Stefano. E anche un pezzetto di Diego Runko. 
Grado.
La squadra di “ESODO pentateuco #2”.
Obiettivo: vacanza studio in Friuli Venezia Giulia, Slovenia e Istria.
Diciamola tutta, inizialmente si parlava di “Tutta la Croazia in macchina, giù giù fino a Dubrovnik e ritorno”. Poi abbiamo aperto la cartina, tutta giù giù fino in fondo, e ci abbiamo ripensato. L’Istria era anche in tema. “Il nostro prossimo spettacolo parla di Istria, e non ci siamo neanche mai stati?! Non è possibile. Dobbiamo vedere l’arena di Pola. E la casa dove è cresciuto Diego a Castagner. E Pisino. E Parenzo della canzone della Mula di Parenzo”.
Carichiamo sulla Chiantimobile la prima tenda, la seconda tenda, la borsa frigo e il fornello (ricomprato in extremis perché non trovavamo più quello vecchio) e ci mettiamo sulla strada. On the road again. Rigorosamente strada statale. On the road again. Con il Confratello Marco, l’autostrada non è un’opzione. On the road again, appunto. Per arrivare a Grado, prima tappa prevista, ci mettiamo qualcosa come sette ore, ma appena in tempo per assistere allo strano spettacolo della bassa marea che più bassa non si può. La gente passeggia all’asciutto per chilometri, a Grado, quando c’è la bassa marea. E quando è alta, nuotare è comunque un parolone.  La prima tappa ci regala l’incredibile Basilica di Aquileia e un altrettanto meraviglioso Refosco dal Peduncolo Rosso dell’Azienda Agricola Donda.
Seconda tappa, la costa slovena. E qui apriamo e chiudiamo una parentesi: ma perché il mare Adriatico, in Italia, a quell’altezza al massimo può vantare le anguille, e da questa parte invece è bello? e soprattutto… perché nessuno ci ha mai detto che la Slovenia ha chilometri di coste?!
Redipuglia.
Consigliamo Pirano, Izola e la friggitoria del mercato di Capodistria. E Hrastovlje, una chiesina che sembra uscita dal Settimo Sigillo di Bergman, una fortezza interamente affrescata con un’enorme danza macabra. Stesso discorso per Sveta Marija na Škriljinah a Beram/Vermo, in Croazia. Quando arriviamo in centro, in paese, citofoniamo al numero 8. La signora Anna ha le chiavi della chiesetta, e per poche kune ci accompagna e ci racconta lei tutta la storia.
Ovunque andiamo, incontriamo monumenti dedicati al Compagno Tito e ai partigiani che hanno combattuto per liberare la Jugoslavia. Partigiani italiani e slavi, indifferentemente. Ricordati in entrambe le lingue. È che in Italia ci hanno abituato a pensare che dopo la Guerra qui si sia consumata la persecuzione degli Italiani, costretti a un esodo di proporzioni bibliche, ma la situazione, al solito, è più complessa di come ce la raccontano. Diego è cresciuto a Pula/Pola, e già ce l’aveva detto. Ma bisogna vederle, le cose, per capire. Questo posto è un crogiuolo di lingue, culture, nazionalità, come si fa a tracciare un confine o un punto di vista? A Parenzo/Poreč incontriamo la Basilica Eufrasiana e un campeggio da re, a Rovigno/Rovinj una quantità di turisti tedeschi, a Dignano/Vodjan ci lasciamo inquietare da sette mummie e duecentotrentaquattro reliquiari, mentre nei paesi dell’interno i maialetti da latte arrostiscono allo spiedo fuori da ogni ristorante. Il turismo è fiorente, anche se ci dicono che i prezzi non sono più quelli di una volta, appena dopo la Guerra (quella dei Balcani). I naturisti invece si dice risalgano addirittura a Edoardo VIII re di Gran Bretagna e Irlanda, imperatore delle Indie. Quello che ha mollato tutto per la Wallis Simpson, si dice. Beh, si dice anche che con la Wallis si dilettasse a nuotare in queste acque in costume adamitico. E come dargli torto.
Il Teatro Ivan de Zajc.
E… ed è subito sera, e dopo aver grigliato ćevapčići (serbi, non sloveni), ražnjiči, carpe, orate e talvolta addirittura delle verdure (tutto indistintamente condito con ajvar), è subito anche il 31 Agosto.
La riunione al Teatro Nazionale Croato di Fiume.
O meglio, Rijeka.
Con un organico di 350 lavoratori stipendiati, il Teatro Ivan de Zajc (www.hnk-zajc.hr) può contare su un’orchestra, un ensemble di danza, una compagnia di prosa croata e una compagnia di prosa italiana. E tutte le maestranze tecniche e organizzative. E il laboratorio di scenografia e costumi. E il titolo della stagione è “Si garantisce la libertà di pensiero e di espressione”. E la sezione italiana, il Dramma Italiano di Fiume, coproduce il nostro “ESODO pentateuco #2”. E a Febbraio siamo lì.
E c’è pure il mare.

Monday, September 21, 2015

Un'estate a Parigi

di Marco Di Stefano

Questa estate ho lavorato per la prima volta Parigi.Permalink

Ho curato la regia di uno spettacolo - Anti Statu Quo, progetto di YEAP Association - in una delle chiese gotiche più importanti di Parigi: Saint Merry.
Per il racconto di ciò che è stato vi rimando al pezzo che ho scritto per il sito di teatro KLP – Krapp's Last Post.
Lo trovate qui.

Anti Statu Quo - foto di Adriana Buonfantino
Qui invece vi parlo di ciò che succede a livello teatrale durante l'estate parigina. La maggior parte dei teatri è chiusa e quelli aperti hanno una programmazione che definire frivola sarebbe riduttivo. D'altronde basta dare un'occhiata ai cartelloni teatrali affissi un po' dovunque per capire come la città raccolga durante l'anno il meglio e il peggio della produzione francese e non. È inevitabile: a Parigi ci sono un centinaio di teatri, l'offerta è veramente sterminata. Chi propone spettacoli di qualità, d'estate (giustamente) riposa. Peccato. Non escludo che in qualche sala off stesse avvenendo qualcosa di interessante, ma purtroppo non sono riuscito a intercettarlo.
Per fortuna sono riuscito a vedere qualcosa in programma al festival Paris Quartier d'été (http://www.quartierdete.com/). Giunto alla ventiseiesima edizione, il festival propone una ricca selezione di spettacoli all'aperto in luoghi molto suggestivi. La maggior parte degli appuntamenti sono gratuiti e - di conseguenza – frequentatissimi. In particolare vorrei soffermarmi su due lavori: Cavale di Yoann Buorgeois e Remote Paris dei Rimini Protokoll.
Paris Quartier d'été
Vedo Cavale sul sagrato della chiesa di Montmartre, con la città in lontananza a fare da fondale. C'è una folla incredibile. Mi spiegano che Bourgeois è una star per il pubblico parigino: acrobata, giocoliere, danzatore. Mi sento un po' ignorante, visto che non l'ho mai sentito nominare. Sappiate che l'amore che il pubblico nutre per lui è meritatissimo. Cavale è un passo a due delicato, costruito su un tappeto elastico e una scalinata bianca che si affaccia sul vuoto. È una riflessione poetica sulla vita e sulla morte, sul mistero dell'esistenza e la paura dell'ignoto. Bourgeois utilizza il Nouveau Cirque per raccontare la condizione umana tra acrobazie, rimbalzi, cadute e tentativi di risalire quella scalinata che conduce al nulla. Il risultato è veramente notevole e il pubblico ringrazia con lunghi e calorosi applausi. Qui potete gustarvi un promo.
In bilico tra vita e morte è anche Remote Paris, versione parigina del format presentato dai Rimini Protokoll in diverse città europee. Anche Milano ha ospitato il suo Remote Milano, grazie a Zona K. In  questi giorni lo stanno riproponendo: non perdetevelo.
Remote è un esperienza straordinaria che viaggia tra l'intimità data dalle cuffie fornite a ogni “fruitore” e la consapevolezza graduale di appartenere a un branco. Anzi, come viene detto nel lavoro, “un'orda”.
Una camminata di due ore circa attraverso luoghi simbolici della città guidata da una voce artificiale che ci accompagna in ogni momento dandoci istruzioni precise su cosa fare. Di più non mi sento di dire, non voglio rovinarvi la sorpresa.
Paris Quartier d'été è un buon modo per passare l'estate a Parigi tra una birra sul Lungo Senna o una passeggiata nel Marais.
Rimane la curiosità di vivere la città a pieno regime teatrale. Spero di poterlo fare entro la fine dell'anno: dal materiale di Anti Statu Quo nascerà a ottobre una piccola mostra in collaborazione con l'Università di Parigi. La scusa ce l'ho. Non resta che organizzarsi.

Sunday, May 31, 2015

BRESCIA

di Chiara Boscaro e Marco Di Stefano

Brescia non è come te l'aspetti.
Il pass

Dici Brescia e pensi grigio. Dici Brescia e pensi capannoni. Dici Brescia e pensi Bergamo (questa è pessima, siamo d'accordo...). Eppure a tratti sembra di stare in un posto di mare, un porto franco, un luogo dove la gente arriva, dà un'occhiata e magari si mescola. Come nel quartiere del Carmine, dove i baracci cinesi stanno accanto a locali come il Carmen*Town (www.carmentown.it) che stanno accanto a fruttivendoli pakistani che stanno sotto il balcone di senegalesi che stanno sullo stesso pianerottolo di studenti universitari con la nostalgia delle panelle palermitane. E a pochi isolati da lì c'è Residenza Idra, che è un posto che ci piace assai  (www.residenzaidra.it), e poi c'è la Loggia, e poi Santa Giulia. A Brescia c'è un teatro romano. E ci sono due cattedrali, una accanto all'altra. E c'è un castello. Insomma, Brescia è proprio una bella città.

Come Bergamo, ma se leggete il post precedente capirete che Brescia non è Bergamo. Per cui non chiedete indicazioni per Brescia Alta, altrimenti fate una figuraccia.
Teatro Romano
Noi siamo qui per far spettacolo.
Siamo al CTB Teatro Santa Chiara-Mina Mezzadri con "La Bottega del Caffè", siamo ospiti di Ritorno al Futuro. Siamo l'ultimo spettacolo del Festival - subito dopo DI A DA degli amici Campoverde/Ottolini -  e tutto questo soffitto affrescato ci intimorisce un po'. È tutto affrescato. Davvero... TUTTO AFFRESCATO.
Ah, "La Bottega del Caffè" è il nostro primo classico insieme. E l'abbiamo pure riscritto.

Qui ci vuole un'ellissi.
Una pausa carica di suspense.
L'attesa prima di un sipario che non si apre...

(se volete saperne di più sullo spettacolo QUI trovate il resoconto (con recensione) della giornata raccontato dall'abile penna di Valeria Nicoletti di KLP, mentre QUI c'è la bella recensione di Francesca Curto e Valentina Sorte di paneacquaculture che ci inseriscono tra le cose più innovative viste al festival. Infine QUI trovate il dettagliato articolo di Maria Lucia Tangorra per Teatro e Spettacolo con la recensione di tutti i lavori visti al festival. Se escono altri articoli li aggiungiamo man mano. Noi passiamo direttamente al dopo spettacolo dicendovi dove siamo stati a bere.)

Capitolium
Applausi. Chiacchiere. Smontaggio.
E poi c'è la birra. Tanta, buona, magari accompagnata da un toast prosciutto e formaggio come ce lo faceva la mamma per merenda.


Il posto è la Birreria La Pulce.
Il venerdì il litro di chiara costa 5 euro.
E il resto è silenzio.


Monday, April 27, 2015

Bergamo Alta

di Chiara Boscaro

Il Teatro Sociale
A Bergamo Alta ci andiamo solo per motivi teatrali. Sarà che il Teatro Sociale è meraviglioso, sarà che è una location perfetta per un festival, così concentrata, così omogenea, così… alta. È un mondo parallelo, rispetto alla città bassa, ci devi andare per uno scopo, non ci capiti per caso. Non è che ti dai un appuntamento lì per andare dall’altra parte della città, non c’è una fermata della metropolitana. Non siamo abituati alle città il cui centro non è il punto d’incontro. Che poi, immaginiamo sia effettivamente un punto d’incontro, ma per una passeggiata, per un concerto, per dello shopping di un certo livello (abbiamo visto un negozio vendere solo cerchietti per capelli, per intenderci. Non accessori per capelli. Solo, SOLO cerchietti). Noi… beh, noi siamo qui per lo Spring Plenary Meeting di IETM. IETM è una rete internazionale di operatori teatrali che due volte all’anno si danno appuntamento in una diversa nazione per scambiare contatti, condividere conoscenze e respirare un po’ d’aria fresca. In Italia erano dieci anni che non si faceva un meeting IETM. Ma oggi non vogliamo lamentarci, non vogliamo dire che siamo un Paese provinciale, ecc. Con EXPO alle porte, sarebbe come sparare sulla Croce Rossa.
Vogliamo parlare invece di questo Spring Meeting ospitato a Bergamo Alta da Associazione ETRE, una rete di cui siamo orgogliosi di fare parte. Vogliamo parlare di quei monumenti che non abbiamo visto (la Torre del Gombito, le mura, il Campanile che batte 100 colpi alle dieci di sera, ogni sera, perché dopo le porte della cittadella chiudevano, e chi rimaneva chiuso fuori dormiva fuori), dello shopping che non abbiamo fatto e dei casoncelli che… non è vero, quelli li abbiamo mangiati eccome. 
Marco al brunch di chiusura
Uno Spring Meeting funziona più o meno così, da quel che abbiamo capito. Siccome fare teatro è cosa da duri dappertutto, gli artisti e gli operatori di mezzo mondo hanno capito che soffrire è inutile, molto meglio far gruppo. Così si ritrovano per fare un punto sulla situazione teatrale, se ci sono novità, per ascoltare interventi di esperti non teatrali, se l’antropologia o la geografia umana possono offrire punti interessanti, per seguire presentazioni di progetti che cercano partner, per parlare di cose sensate come l’identità, la democrazia, il ruolo dell’arte, la libertà. E per bere delle birre. Tante birre. E per bere dei caffè, tanti caffè. 
Noi siamo qui soprattutto per "presentare in società" Manifattura K. (www.manifatturak.it), lo spazio di cui io e Marco Di Stefano seguiamo la Direzione Curatoriale per conto di Associazione K., e ci portiamo a casa una lista di ottimi consigli.
Ma voi volete sapere dove mangiare, no?
Il menù convenzionato in questo caso lo offre Il Circolino della Cooperativa Città Alta, in Vicolo Sant’Agata 19 (www.ilcircolinocittaalta.it). Aperto fino a tardi, bel giardino, bella vista, coniglio al forno con la taragna davvero niente male. 

Wednesday, March 25, 2015

I vecchi imberiaghi sembravano la letteratura

di Diego Runko

Parlare di Bologna è un po’ come parlare del mondo. Puoi dire tutto oppure niente. 
Puoi anche solo startene lì, in disparte, a invidiare quello che ti perdi non abitandoci. A ringraziare per quello che ti perdi non abitandoci. 
Siamo stati a Bologna per tre giorni a fare il nostro spettacolo Non voltarti indietro al Teatro dei 25. Un luogo dell’anima come pochi.
La Torre degli Asinelli.
Prima di andare in scena, mentre cercavo la concentrazione giusta o subito dopo, mentre mangiavamo un piatto di pasta nella cucina del teatro, ospiti dei padroni di casa, mi capitava spesso di pensare a quella città in modo magmatico. Si può pensare diversamente a Bologna?
Ultimamente per me Bologna sono principalmente i Wu Ming. Sarà che, a passi lenti, sto navigando a vista attraverso tutte le loro opere. Una volta in macchina, in uno dei nostri viaggio di compagnia, ci dicevamo che perdere i Wu Ming oggi è un po’ come essere stati contemporanei di Pasolini e averlo scoperto da morto. Anche Pasolini c’entra con Bologna, eccome.
Una via del centro.
Ma cosa è stata Bologna per noi in quei giorni? Una passeggiata in via Zamboni, in piazza Verdi, sotto le due torri, in piazza Maggiore, in via Ugo Bassi, in via Indipendenza.  Una visita all’aula in cui insegnava Carducci, alle Marie, al teatro anatomico, alle frecce conficcate nel soffitto di strada Maggiore all’ingresso di Corte Isolani (stare lì con il naso all’insù a cercare le frecce è una di quelle sensazioni che ti restano in mente, e poi succede sempre che qualcuno le veda prima di te, in questo caso Chiara).
Non abbiamo fatto in tempo ad andare in via del Pratello. L’avevamo già fatto tutti in passato, lo rifaremo in futuro. Di via del Pratello porto nella memoria un episodio vissuto con Giulia qualche anno fa quando, dopo aver sbevazzato allegramente in uno degli innumerevoli locali presenti, ho girato l’angolo e mi sono infilato in una delle vie laterali con la vescica gonfia. Proprio mentre stavo per manifestare il mio essere molto simile alla razza canina ho letto una scritta sul muro: TU CHE STAI PER PISCIARE SUL MURO DI CASA MIA. PER PIACERE, FALLA DA UN’ALTRA PARTE. Anche questa è Bologna.
Non abbiamo fatto in tempo nemmeno ad andare in piazza Santo Stefano. Dobbiamo tornarci al più presto, è evidente.
L'Osteria Bocca Buona.
Il sabato abbiamo pranzato all’Osteria Bocca Buona in via degli Usberti. Ci siamo andati perché la conoscevo. Affettati e tigelle eccezionali ma avremmo gradito due tagliatelle in più nel piatto. Nel complesso un’osteria degna di Bologna: non puoi farle un complimento che non contenga anche una critica. Come dolce però i tre tipi di rum serviti nei bicchierini appositi accompagnati da cioccolato fondente, al latte e bianco me li ricordo ancora. 
Negli ultimi tempi Bologna mi fa tornare in mente anche Gianni Morandi e l’impegno giornaliero e costante del suo ufficio stampa, Marco Ottolini. Non preoccupatevi, questa frase potete capirla solo se avete Ottolini come amico su Facebook.
C’è un che di Bologna anche in uno dei miei fumetti preferiti, Alan Ford. Magnus è nato lì.
Andarsene da Bologna comporta sempre una sensazione perfettamente racchiusa in questi versi: rimorso per quel che m’hai dato, che è quasi ricordo, e in odor di passato…
Il titolo e il verso sono tratti da uno che non abbiamo bisogno di nominare perché Bologna, senza di lui, non sarebbe Bologna.

Tuesday, March 10, 2015

Napoli

Vedi Napoli e poi muori.
Lo dice Carlo Goldoni ne La Bottega del Caffè, lo sapevate? 
Negli ultimi sei mesi siamo stati a Napoli due volte, sempre di corsa, sempre con un piccolo rimpianto. Riusciremo mai a vederla tutta, questa città strana, questa città con due centri, questa città con i buchi sotto, con il vulcano, con il mare, con la pizza, con la ferrovia più antica e la fermata della metropolitana più bella?
La sfogliatella di Pintauro.
Giovanni Gioia, uno degli attori de La Confraternita del Chianti, è di Napoli. Non proprio Napoli Napoli, ma sarebbe impossibile capire dove finisce Napoli e dove inizia il posto in cui è cresciuto lui. E beh, sono dieci anni che non vive più qui, ma è lui a fare il padrone di casa. Il cicerone. Insomma, quello che guida. Serve una patente speciale, per guidare in questa città. Incidenti ce n’è pochi, ma proprio perché tutti condividono un codice della strada ignoto al resto del Paese. O forse Napoli è un Paese a parte, una Città Stato. Con teatri, lingua, poeti, cantanti e cibi suoi propri. 
Ecco. Parliamo di cibo. Qual è la pizza ufficiale? Chi fa i fritti migliori? E il Caffè del Professore, non lo vuoi provare? 
In una città “normale” ci sono uno, due piatti tipici. Qui, quindici.
Dove mangiarli? Dovunque. Ma in particolare da Nennella, in Vico Lungo Teatro Nuovo. Menù semifisso, caffè al bar accanto, una pasta col cavolo impareggiabile. E poi da Pizza Giallo. Sempre su ai Quartieri Spagnoli, a cinquanta metri da Nennella. Si chiama Pizza Giallo perché fa la pizza e ha l’insegna gialla. Punto. 
E poi le pizzerie in via Tribunali.

Una puntata la valgono anche i baracchini sul mare con i taralli caldi e la birra. E la sfogliatella? Noi abbiamo provato quella di Pintauro.
Il problema è che più di cinque pasti al giorno il corpo non li sostiene. 
Passeggiatina?
Teatro Sala Ichòs.
Basilica di Santa Chiara.
Cristo Velato e Cappella di Sansevero.
Spaccanapoli.
Napoli sotterranea. Napoli di sotto è tutta un buco.
Chiesa di Santa Maria delle Anime del Purgatorio.
E, se siete fortunati, un corteo nuziale. Qui il matrimonio è religione. Il modo migliore per capirlo, in una canzone: Daniele Bianco, Matrimonio napulitane
Ma noi, come sempre, siamo qui per lavorare, mica per il turismo. 

Teatri:
Teatro Elicantropo (www.teatroelicantropo.com)
Nuovo Teatro Sanità (www.nuovoteatrosanita.it)
Teatro Sala Ichòs (www.ichoszoeteatro.it)

Autori teatrali che ci piacciono:
Vabbé, Eduardo – Teatro, a cura di De Blasi N. e Quarenghi P., Mondadori (collana I Meridiani), 2007, 3 voll.
Raffaele Viviani – Tutto il Teatro, a cura di Davico Bonino G., Lezza A. e Scialò P., Guida Editori, 1987, 6 voll.
Enzo Moscato – L’angelico bestiario, 1991, Ubulibri

Wednesday, February 18, 2015

Madalina Turcanu

Intervista a Madalina Turcanu, regista e interprete/traduttrice per DOT SPOT media productions (Bucarest), organizzazione partner del progetto GENESI pentateuco #1.


1. Chi siete? Ci racconti la vostra storia?
Siamo due professionisti che si occupano di cinema e TV. Victor è un senior editor e un operatore di macchina da presa e io sono una regista di cinema. Prima di fondare la nostra azienda entrambi abbiamo lavorato in diversi campi sia a casa, che per noi significa Bucarest, sia all’estero.
Abbiamo dato vita a questa avventura e alla nostra azienda due anni fa e finora abbiamo prodotto e co-prodotto tre documentari d’arte, siamo stati il media partner di uno spettacolo teatrale intitolato “Hamlet-Revolution” e abbiamo prodotto uno spettacolo teatrale che voi (intendo Marco e Chiara) conoscete bene, “Mattatoio”.

2. Come hai iniziato a occuparti di teatro?
Io sono cresciuta nelle sale teatrali in cui mi trascinava mia mamma ogni domenica. Ho iniziato ad apprezzarlo solo molti anni dopo. Per fortuna vivevamo a Bucarest e nonostante i grigi tempi comunisti la vita culturale era molto vivace, le sale da concerto e i teatri erano pieni. Con lo spettacolo “Mattatoio”, in particolare, abbiamo dato vita al nostro primo progetto teatrale su impulso di un’amica, l’attrice Ioana Visalon, che è anche la traduttrice del testo in rumeno, che stava già portando avanti il progetto da tempo quando abbiamo deciso di collaborare.

3. Descrivi il tuo Paese al pubblico italiano.
Beh, è un compito arduo, considerando tutti i pregiudizi che gli italiani hanno riguardo alla Romania. Non li elencherò. Proverò invece a dirvi che la Romania ha paesaggi molto vari, dalle montagne al mare, il Mar Nero (forse non così mite e azzurro come il Mediterraneo, ma sempre un mare), fino ad un luogo unico lungo il corso del Danubio, e precisamente il delta del Danubio, passando per le antiche città della Transilvania, che portano i segni degli originari borghi teutonici, per arrivare alla “piccola Parigi”, come veniva chiamata Bucarest per la grande varietà di architetture.

4. Che cos’è DOT SPOT MEDIA?
È uno studio di produzione e post-produzione cinematografica.

5. Di che cosa si occupa DOT SPOT MEDIA?
Realizziamo documentari, pubblicità, cortometraggi, sottotitoli per film e spettacoli teatrali.

6. Potete dirci qualcosa in merito al vostro prossimo progetto?
Attualmente stiamo lavorando ad un documentario d’arte sul pittore romeno Stefan Caltia. 

7. Come funziona il sistema teatrale rumeno? E quello cinematografico? Che cosa piace al pubblico rumeno?
Il sistema teatrale rumeno si sviluppa su due direttrici: i teatri finanziati dallo stato e i teatri indipendenti (principalmente teatri privati situati a Bucarest). Il sistema di finanziamento del cinema è basato sostanzialmente su contributi statali che arrivano tramite un’istituzione denominata “Centro nazionale di cinematografia”, che ogni due anni lancia call per la presentazione di progetti. Esistono anche altre istituzioni che supportano la produzione cinematografica come la Studio Video Art, parte del Ministero della Cultura, che sostiene principalmente documentari d’arte (nelle loro attività rientra anche il nostro progetto su Stefan Caltia). Altre soluzioni possono essere i fondi europei, le risorse private ecc.
Il pubblico teatrale rumeno è interessato prevalentemente alla commedia. Per questo motivo nei cartelloni dei teatri privati si trovano principalmente commedie, in particolare nei pub theater privati.

8. Chi emigra in Romania? Come si pone la Romania in materia di immigrazione? Che cosa dice in merito, la vostra legislazione? Siete d’accordo con la linea ufficiale?
Beh, i Moldavi della Repubblica di Moldova vengono in tanti, ma non sono assimilabili agli immigrati, bensì ai rimpatriati. Per il resto gli immigrati provengono dalla Turchia, dai paesi arabi e dalla Cina.
In materia di immigrazione il popolo rumeno è sempre stato aperto e permissivo. Abbiamo 18 minoranze riconosciute in Romania e l’11% della popolazione rumena appartiene a minoranze. La minoranza più presente è quella ungherese (6,3%), poi i rom (3,5%). Abbiamo ancora una minoranza italiana, molto piccola, che comprende in tutto 3000 persone. Le leggi sono tutta un’altra storia, invece, e sono sostanzialmente equiparate alla legislazione europea. 

9. Che cosa pensi dell’Italia?
Ho passato diversi periodi di vacanza in Italia e ogni volta l’ho amata. A parte i chili di troppo che mi riportavo a casa a causa del vostro gelato… 

Grazie mille!


(traduzione di Diego Runko)

Tuesday, February 10, 2015

Bucarest

Le luminarie di Bucarest
Fa freddo. Fa molto più freddo che da noi. La prima volta che siamo stati qui era primavera, c’era il sole, gli adolescenti limonavano in Piaţa Universităţii. Ora nevica. 
Madalina ci viene a prendere all’aeroporto, che secondo il giornaletto distribuito in aereo dovrebbe essere uno dei più belli d’Europa. Madalina ha un SUV. Dice che senza sarebbe impossibile parcheggiare in città. 
La periferia tra l’aeroporto e Bucarest è uguale a tutte le periferie europee. Capannone. Capannone. Officina. Ikea. Carrefour. Solo l’approccio possibilista ai cavi della corrente arrampicati sui pali, ci fa pensare che tutto sommato non siamo a casa. 
La lingua qui è una via di mezzo tra qualcosa di latino e qualcosa di russo. Abbiamo sempre la sensazione di captare qualcosa, ma poi non è così. Le parole somigliano alle nostre, isolate, ma poi le mettono insieme e non riusciamo più a ritrovarle nel mucchio. Per loro invece è molto facile capirci. Ma mai carpiremo il loro segreto. 
Bucarest qui la chiamano la Piccola Parigi. Effettivamente, il centro di Bucarest somiglia più a Parigi di quanto Milano somigli a una piccola Bari (cosa di cui Marco continua a cercare di convincere tutti). I grandi palazzi liberty, i grandi boulevards, i localini del centro, le luminarie natalizie che cambiano colore (sono nuove, ne vanno molto fieri), i mercatini di Natale con Dean Martin che canta la neve del Midwest…
La cartolina di GENESI
Siamo Marco, Chiara e Valeria. Siamo in residenza produttiva, ospiti di Dot Spot Media Productions. Dovremmo riemergere da questi giorni di duro lavoro con lo scheletro del nuovo spettacolo de La Confraternita del Chianti, GENESI pentateuco #1, il primo dei cinque monologhi del progetto Pentateuco.
La sala prove è nella sede di Dot Spot Media. C’è il caffè, c’è la moquette, c’è il riscaldamento a palla. È il paradiso. E il supermercato offre pure due o tre opzioni vegetariane per Valeria. Certo, è perché siamo nella capitale. Per il resto del Paese vale il detto “Non c’è miglior pollo del maiale”. E la zuppa transilvana con verdure e bacon non sarebbe la stessa cosa, con il seitan. 
A proposito di Transilvania. Non c’entra nulla con quello che noi pensiamo della Transilvania. Braşov, la città principale, somiglia più a Bressanone che al set di un film espressionista tedesco. E Castelul Bran, il castello di Dracula… beh, Stoker ha mischiato un po’ di leggende con un po’ di colore locale con un po’ di fantasia e ha creato un mito, ma qui non c'è mai stato. Il castello ha tenuto lontani i turchi (in Bulgaria ci sono i minareti, qui solo campanili, è un dato di fatto) ma poi è divenuto residenza estiva per gli Asburgo in vacanza e per una famiglia reale che tecnicamente esiste ancora, è sopravvissuta al regime e viene sfoggiata in occasione di balli di beneficenza e foto di gruppo con gli altri reali europei. 
È una terra complessa, la Romania. Il rapporto con i Ceauşescu (ogni vigilia di Natale la tv manda il video della loro esecuzione, e la reazione dei ventenni è il disinteresse assoluto per la politica), i teatri pieni e i cinema vuoti, il rapporto con la cultura tradizionale e gli hipster in metropolitana, gli stipendi irrisori e le cose di H&M troppo care, la città, la campagna, le migrazioni (qui hanno tutti almeno un parente all’estero), le etnie, i ROM (che per l’italiano medio sono tutti rumeni, ma non è vero, però ci sono anche qui), i cani randagi che 
c’è gente famosa che smuove mari e monti per loro, ma non per i bambini negli orfanotrofi… è un Paese che dal regime è uscito con la guerra civile, e in Piaţa Universităţii le croci ci sono davvero. 
Il covrigi
E poi c’è il palazzo. Il secondo edificio più grande al mondo dopo il Pentagono, Casa Popului. Impossibile descriverla, lì in fondo al viale, gigantesca, classicheggiante, mai abitata. Per tirarla su hanno abbattuto mezza città, ci hanno celebrato i festeggiamenti per il matrimonio di Nadia Comaneci e adesso ci fanno gli eventi di moda... ah, dimenticavo, è anche la sede del Parlamento.
Una cosa da non perdere? Il covrigi. Il covrigi è un tarallone, una ciambella morbida dolce o salata, ripiena o ricoperta. Si vende per strada, ed è l’ottava meraviglia del mondo.
Ma noi siamo qui per lavorare, mica per turismo!



Mangiare:
Cara cu bere (www.caracubere.ro) - Ristorante enorme all’interno di un palazzo storico del centro. Più caro della media di Bucarest (non tanto) ma il cosciotto di maiale vale la pena. Per fare i turisti veri.

Teatri:
I teatri in Romania sono quasi tutti stabili e fanno repertorio, come in Germania. Il lunedì e il martedì solitamente ospitano compagnie indipendenti, gli altri giorni la compagnia del teatro.

Teatrul Bulandra (www.bulandra.ro) - Fa parte dei “Teatri d’Europa”. Se vi capita, andate a vedere Pescăruşul (Il Gabbiano) di Čechov per la regia di Antoaneta Cojocaru.

Teatrul Nottara (www.nottara.ro)

Teatrul de Arta (www.teatruldearta.ro) - È un piccolo teatro indipendente, e accanto ha una accogliente birreria.